[:it]C’era una volta in America[:]

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Per la sezione “Film History”, questa settimana Marianna Curia propone la colta lettura del sonoro in una celebre sequenza di C’era una volta in America di Sergio Leone

C’era una volta il sonoro

La sequenza iniziale di C’era una volta in America è riconducibile, sonoramente, al prologo di C’era una volta il West (1968). Dopo il buio silenzioso dei titoli introduttivi, la simmetria del rapporto si rintraccia non tanto nel valore delle funzioni (che nel primo film sono differenziate: spaziale, ritmica, connotativa, allegorica, ironica), ma in uno stile di economia sonora che si caratterizza fortemente per la sua La scena d'aperturaessenzialità: Leone fa in modo che mai più di un suono “primario” – segnale o figura – si contenda simultaneamente la ribalta. Questo stesso stile di poiesi acustica marca sincronicamente C’era una volta in America con una impronta talmente riconoscibile da diventare – diacronicamente – lo stile di una scrittura che tiene insieme le opere di Leone fin dai film western, luoghi privilegiati di topòi sonori tipici del genere, è vero, ma pur sempre soggetti ad una riarticolazione semantica costante sia per l’attenzione alla collocazione dei suoni nello spazio diegetico che alla loro qualità timbrica, o al tempo di emissione: insomma, C’era una volta in America diventa un’opera ponte tra il cinema classico e moderno (anche) per l’attenzione estetica e drammaturgica alla dimensione sonora (suoni, rumori, silenzi).

Questa modernità si esplicita nell’uso della soggettiva libera indiretta sonora. La trasposizione teorica di una figura della retorica narrativa (che Pier Paolo Pasolini eredita a sua volta dalla letteratura) usata generalmente al cinema nella sua dimensione visiva, viene qui riconcepita in quella acustica negli stessi termini: lo squillo di telefono che Noodles sente quando è in preda all’oppio nel teatro cinese, è nelle orecchie dello spettatore-ascoltatore ma contemporaneamente nella mente del protagonista. Non esiste un telefono nello spazio diegetico rappresentato; dunque il suono appartiene alla dimensione soggettiva Noodle nella fumeriadel protagonista che è condivisa con quella percettiva dello spettatore grazie alla possibilità poietica del cinema di dissociare il suono dalla sua fonte. La violenza acustica è proporzionale al gesto di Noodles che si mette le mani alle orecchie; ma è chiaro, che il suono è insopportabile non per la potenza dei decibel quanto piuttosto per il suo luogo di espansione – le pareti del cervello. Insomma, i ricordi fanno rumore. Esattamente ventidue, alla distanza metronomica di nove secondi l’uno dall’altro, in un ritmo implacabile ed energicamente sostenuto da una timbrica che non cede nell’intensità a qualsiasi principio di variazione; inoltre, lo squillo del telefono è qui un raccordo sonoro ad un montaggio di analessi e prolessi narrative che se da una parte segnano fortemente la marca dell’enunciazione, dall’altra costringono lo spettatore alla ricostruzione della fabula cinematografica. Alla fine, il rumore del ricordo si trasformarà in un ostinato elettronico da sintetizzatore; ed è così che la modernità del suono cinematografico è già diventata tecnologica, oltre che estetica e narratologica.

SCHEDA TECNICA
C’era una volta in America (Once Upon A Time in America, Italia-USA, 1984) – REGIA: Sergio Leone. SCENEGGIATURA: Sergio Leone, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Enrico Medioli, Franco Arcalli, Franco Ferrini [dal romanzo “Mano Armata” (1952) di Herry Gray]. FOTOGRAFIA: Tonino Delli Colli. MONTAGGIO: Nino Baragli. MUSICA: Ennio Morricone. CAST: Robert De Niro, James Woods e Elizabeth McGovern. GENERE: Gangster. DURATA: 245′

https://www.youtube.com/watch?v=LcpCRyNo8T8[:]

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