La leggenda di Kaspar Hauser

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Marianna Curia sul quinto lungometraggio di Davide Manuli, La leggenda di Kaspar Hauser caso cinematografico italiano del 2013

Presentiamo qui la recensione apparsa anche su Cinefilia Ritrovata

Un DJ all’Asinara

Che si fa nell’isola dell’Asinara? Si narra una storia, quella di Kaspar Hauser, il mito vivente e tutto ottocentesco del bon sauvage. Se il racconto storico è quello di un fanciullo linguisticamente primitivo, sbarcato misteriosamente a Norimberga nel 1828, il film di Davide Manuli (La leggenda di Kaspar Hauser, 2012) riprende quel plot e lo propone in versione postmoderna.

La-leggenda-di-Kaspar-HauserA proposito del soggetto del film, in un intervista dello stesso Manuli si legge: “L’idea è nata assieme ai produttori della ‘Blue Film’ dopo l’ottima esperienza fatta in Sardegna con il mio film Beket perché volevamo tornare a girare assieme negli stessi posti. Da lì è maturata l’idea che covavo da tanti anni di rifare un Kaspar Hauser a modo mio, come secondo capitolo del dittico sulla solitudine umana. Volevo usare Kaspar come metafora del non-senso tra gli individui, della non-comunicazione”.

Dunque, se da una parte si tratta di considerare La leggenda di Kaspar Hauser come un film che nasce a partire da un luogo, la Sardegna, regione che ha accettato di finanziarne le riprese (è questo un altro caso in cui sono i luoghi a determinare le storie; pensiamo ad Antonioni che gira sulla spiaggia rosa dell’isola di Budelli per Il deserto rosso), dall’altra si tratta di rendere Kaspar Hauser metafora musicale dell’incomunicabilità in epoca postmoderna. La_leggenda_di_Kaspar_HauserCi si è riusciti con un personaggio venuto dalle acque (anche metafora cristologica, dunque?) con il petto tatuato e le scarpe Adidas, che ascolta techno-music in cuffia.

Nel film, le musiche originale di un artista come Vitalic sono alternatamente interne ed esterne alla narrazione: da una parte, la musica in cuffia isola Kaspar impedendogli di sentire i discorsi degli altri personaggi (pensiamo ai ragionamenti del prete che si riducono ad un monologo davanti al protagonista su questioni umane e religiose), dall’altra lo spettatore si può riconoscere in situazioni in cui la mancanza di comunicazione tra gli esseri umani è dovuta alla presenza di una musica sintetica assordante (pensiamo alla scena della discoteca in Paradiso, o a quella in cui lo sceriffo vuole insegnare a Kaspar a fare il dj). Se il paesaggio naturale è desertico e selvaggio, il paesaggio sonoro è caratterizzato tecnologicamente (frequentissima è la presenza di microfoni, consolle musicali, casse, altoparlanti, stereo), ma entrambi possono essere messi in connessione con l’idea rappresentativa di un mondo pseudo-fantascientifico alienato e alienante (ecco allora spiegate le navicelle spaziali in apertura).

Alla fine, è lo stesso Manuli che sintetizza bene: “siamo finiti nel retrò-futurismo”.

SCHEDA TECNICA
La leggenda di Kaspar Hauser (Id., Italia, 2012) – REGIA: Davida Manuli. SCENEGGIATURA:Davide Manuli. FOTOGRAFIA: Tarek Ben Abdallah. MONTAGGIO: Rosella Mocci. MUSICHE: Vitalic. CAST: Vincent Gallo, Claudia Gerini, Silvia Calderoni, Elisa Sednaoui, Fabrizio Gifuni. GENERE: Drammatico. DURATA: 87′

 

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