Seeyousound 2025 – Going Underground

“Going Underground” è la traccia di apertura di “Sick Soundtrack” (1980), il secondo album pubblicato dai Gaznevada. Per chi è cresciuto e vissuto a Bologna – immerso nella mitologia dell’ambiente contro-culturale a cavallo degli anni 70 e 80 – i Gaznevada non hanno bisogno di presentazioni: provenienti dalle occupazioni abitative e i collettivi creativi (Traumfabrik), esordiscono con la celebre “Mamma dammi la benza” (rinnegata subito: detestavano l’etichetta di demenziale – “Quegli stronzi degli Skiantos…” viene ribadito nel film); passano dal punk-rock scanzonato à la Ramones, attraversano gli umori elettronici e mutanti della new-wave; affinano uno stile sempre più sintetico, aprendosi all’Italo disco e alla dance (uno dei componenti formerà poi il progetto techno Datura).

UN’ELEGIA PSICHEDELICA E DISTOPICA

Il docufilm di Lisa Bosi è una messa in scena accattivante e fumettistica dei Gaznevada, in particolare i cinque componenti che partecipano da protagonisti con voci e corpi – Billy Blade (Alessandro Raffini), Robert Squibb (Ciro Pagano), Andrew Nevada (Giorgio Lavagna), Bat Matic (Marco Dondini), Marco Nevada (Marco Bongiovanni). Compare uno dei fondatori, Gianpietro Huber, e altri membri in filmato; poi non possono mancare Oderso Rubini (artefice discografico) e Giovanni Natale (manager).

Lisa Bosi ha già all’attivo Disco Ruin (2020), docufilm su quarant’anni di club culture in Italia; è architetta di formazione, ma ovviamente una grande appassionata di musica e fenomeni culturali underground. È un lungo corteggiamento (“… durato più di anno” rivela divertita), poi riesce a coinvolgerli, diviene “parte del gruppo” e si cala completamente nell’universo Gaznevada. Il film è tutto scritto e costruito nei minimi dettagli, come un’architettura audiovisiva, senza lasciare nulla all’estemporaneità. Si percepisce (con più sensi) la poderosa ricerca e raccolta di materiali disparati, dalle tracce originali della band, registrazioni di concerti, fotografie, locandine, manifesti e ciclostili, videoclip e passaggi televisivi, estratti di film (Renato De Maria e lo stesso Huber). Nell’intervista-chiacchierata che mi concede dopo la proiezione, Lisa specifica il ruolo dei tanti archivi esplorati: RAI, con purtroppo poco materiale riutilizzabile, per mancata digitalizzazione di alcuni reperti; Mediaset, che però ha ben poco di conservato; lo scrigno-archivio di Red Ronnie; e l’apporto notevole della Cineteca di Bologna (una pellicola di una ripresa di concerto, digitalizzata apposta per il film – “Puoi immaginare che meraviglia per una regista!”). L’ottimo sound-design è a cura di Riccardo Rossi.

L’obiettivo di questa architettura multimediale è far immergere lo spettatore in un flusso psichedelico di ricordi, voci, suoni, immagini… Un obiettivo centrato appieno sul piano formale. I protagonisti sono fatti agire in scenari lunari, corridoi anonimi dalle prospettive sghembe, interni di locali che sembrano sospesi nello spazio: diventano dei personaggi di Andrea Pazienza, loro che avevano proprio ispirato i disegni dell’artista sanseverino trapiantato a Bologna.

“HEROIN, IT’S MY WIFE AND IT’S MY LIFE…”

Con Pazienza i Gaznevada hanno in comune anche l’eroina. E condividono l’angoscia di una società opprimente orientata alla produttività, ordinata dal culto del lavoro. Alla deriva in spazi sconosciuti, desideranti e assetati di una vita e un mondo diversi, di un modo per “sfangarla nonostante tutto”, i Gaznevada erano dei ragazzi votati alla ricerca spasmodica del nuovo e di una pacificazione interiore, che a volte passa attraverso le droghe. Forse, sognatori presi in un gioco più grande di loro (e qui rimando agli intercut coi criceti). E non occorre negare che fare soldi con la musica e stare nel mercato è stato un modo per sopravvivere, in senso psico-fisico. A una richiesta di spiegazioni di un giornalista sul loro continuo “tradire”, il vocalist rispose “Noi abbiamo sempre tradito, continuiamo a farlo. Arriviamo ad una cosa, poi ci sarà altre cose cui arrivare” – e tutt’ora, come sottolinea la regista Lisa, i Gaznevada perdurano, in un’altra forma, con lo stesso marchio e una nuova attitudine.

Pur emersi dall’humus contro-culturale del ‘77, i Gaznevada non furono né sono un gruppo politicizzato. Uno dei componenti  dichiara che il suo obiettivo primario era quello di fare musica e diventare famoso. Mi colpisce sempre come alcune icone musicali (siano mainstream o underground), spesso ritenute “generazionali” o “rappresentative” di un clima socio-politico, poi di fondo quello che volevano fare era suonare, farlo professionalmente e camparci pure, divertendosi e scoprendo il nuovo.

“VUOI METTERE RISORGERE?!”

Questo docufilm non è tanto la celebrazione di un’epoca, quanto una (auto)biografia ufficiale di persone che sono passate malconce, ma tutto sommato vive attraverso decenni di scossoni personali, sociali e professionali. Questi cinque regaz sono ritratti come sopravvissuti in primo luogo a sé stessi, senza alcuna nostalgia di fantomatici “bei tempi” – parlo di questo rischio proprio con la regista, nel corso dell’intervista. La serietà e crudeltà dei componenti dei Gaznevada, esibita da sempre nelle loro varie fasi, è forse stato l’antidoto a un “effetto nostalgia”, a volte riscontrabile in questo tipo di operazioni. I protagonisti si sono prestati con piacere e collaborazione, accettando di girare scene in pose scomode e a climi improbabili, ma sono stati sempre molto seri – “si prendono tutt’ora molto sul serio” (Lisa).

L’unica critica negativa che si potrebbe avanzare, è che questo sound-graphic novel ben congeniato non spiega dinamiche e meccanismi, personali e contestuali. Ma sarebbe troppo pretendere da un trip: dopo il caleidoscopio, lo stare male, il non adeguarsi, il perdersi… almeno lo spazio per risorgere.

Curiosità: La bravissima Fawzia Selama – vocalist nella hit “I. C. love affair” – si riprende la sua “rivincita”: dato che all’epoca non venne chiamata sui palchi, perché i suoi tratti non sono propriamente asiatici, Fawzia la ritroviamo qui, seduta carezzando un calice con aria da dark lady,  in un noto club per scambisti della periferia bolognese, che rivendica il suo posto in questa storia.

Going Underground (Italia, 2024) REGIA e SCENEGGIATURA: Lisa Bosi SUONO: Andrea Guerrini MUSICA: Gaznevada FOTOGRAFIA: Salvo Lucchese MONTAGGIO: Corrado Iuvara DURATA: 78’

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