Broken English

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Voto al film:

Se è scandaloso che Marianne Faithfull sia ricordata quasi soltanto come fidanzata di Mick Jagger, è compito del Ministero della Non-Dimenticanza ristabilire la verità e ricordare quantomeno che la cantante (folk, oltre che pop) ha pubblicato oltre trenta album, calcato le scene musicali per sei decenni, collaborato con una serie infinita di artisti (da Paul McCartney ai Wiener Symphoniker) e persino ricevuto dal governo francese l’onorificenza di Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres.

L’impianto geniale di Broken English, l’ottimo documentario di Jane Pollard e Iain Forsyth dedicato alla grande artista, riconduce così le interessantissime interviste a Marianne condotte da George MacKay all’episodio pilota di un progetto dedicato al mantenimento del ricordo di alcune realtà che l’“algoritmo” vuole tramandare in un modo troppo canonico per non essere lacunoso. Marianne Faithfull, nella sua controversa anarchia, può ben rappresentare la fallacia di un sistema incapace di categorizzare un tale esempio di emancipazione femminile se non con etichette inadeguate come “pop singer” (“non mi sono mai sentita una cantante pop”) o “The naked girl in the fur blancket” (quando la polizia fece irruzione a casa di Keith Richards e la trovò nuda, avvolta in una pelliccia, unica donna tra otto uomini!). A tirare le fila di questa operazione è Tilda Swinton, che gestisce le interviste ai prestigiosi ospiti e i numerosissimi e preziosi materiali audio e video che arrivano al Ministero per essere digitalizzati. Broken English non è una biografia (non una tradizionale, almeno) bensì un continuo dialogo tra passato e presente messo in atto proprio dal soggetto del film: è Marianne stessa a commentare le vecchie interviste in cui si rivede, a offrire commenti sul suo passato e sulla propria figura pubblica, esprimendo talvolta orgoglio talaltra rimpianto, a volte gratitudine e altre rabbia.

Anche se il Covid si è portato via il suo compagno, il bilancio sulla propria esistenza è certamente positivo, nonostante tutti gli ostacoli personali e professionali che ha dovuto affrontare (la droga, l’alcolismo, il pregiudizio). Marianne ricorda la difficoltà di esprimersi come artista in quanto donna, racconta di come la sua identità pubblica le fosse stata attribuita dall’esterno creando un conflitto importante tra l’idea che il mondo aveva (e voleva avere) di lei e la sua vera personalità, celando la sostanza dietro l’apparenza. Cantare di sesso e di droga (Sister Morphine in particolare) fu la via per scardinare quell’immagine di brava ragazza che la stava rinchiudendo in una prigione dorata. Per arrivare a diventare un’icona femminista e ispirare intere generazioni, Marianne ha dovuto incamminarsi su una strada accidentata e trasformarsi in una figura che destabilizzava l’opinione pubblica e più in generale la società (degli uomini). Qualche rimpianto (non aver risposto alle continue insinuazioni e allusioni dei giornalisti) e molte rivendicazioni (“I talked too much, too openly” – “Parlavo troppo e troppo apertamente”) scandiscono un racconto appassionante e appassionato, intercalato da esibizioni live di artiste che omaggiano il suo repertorio (Courtney Love, Beth Orton) non tanto per attualizzarlo quanto per sfidare quell’algoritmo monopolizzante con la complessità di nuovi dati che arricchiscono l’“universo Marianne Faithfull”. 

Broken English è un bellissimo tributo alla sua “voce incredibilmente pura” che si conclude con l’ultima, toccante esibizione di Marianne: la cantante è mancata durante le riprese.Jane Pollard e Iain Forsyth ci donano un prezioso pezzo di quel grande e complicato puzzle che è stata la vita di Marianne Faithfull: un puzzle che forse nessuno riuscirà mai a risolvere e completare.

SCHEDA TECNICA
Broken English (Regno Unito; 2025). REGIA: Jane Pollard, Iain Forsyth. SCENEGGIATURA: Jane Pollard, Iain Forsyth, Ian Martin. FOTOGRAFIA: Daniel Landin BSC, Erik Alexander Wilson, Derrick Peters. MONTAGGIO: Luke Clayton Thompson. MUSICA: Rob Ellis, Adrian Utley. CAST: Tilda Swinton, George MacKay, Calvin Demba, Zawe Ashton, Sophia Di Martino. GENERE: Documentario. DURATA: 96’.

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