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Per la sezione Film History ecco la recensione di Marcello Polizzi su A proposito di Davis dei fratelli Coen
Ballata di un destino beffardo
Con il solito tocco irriverente che li contraddistingue, i fratelli Coen con A proposito di Davis danno vita ad una delicata storia di mancato riscatto e di amare disillusioni, di flebili speranze ed eterne sconfitte intrappolate in un’impasse destinata a ripetersi, come un eterno ritorno manovrato da una sorte beffarda. E in questo bizzarro racconto di formazione tale sorte prende il volto della stramba compagnia di personaggi che popolano la storia e assume le sembianze del gatto Ulisse che, tra omaggio cinefilo ed evidente citazione, sin da subito diventa semplice ma efficace metafora del cammino errante intrapreso dal nostro eroe Lewyn Davis e dell’irrimediabilità del suo destino. Folk singer talentuoso ma incompreso, o senza un briciolo di fortuna, Lewyn vaga senza fissa dimora nel mondo in perenne mutamento del Greenwich Village dei primi anni ’60, spinto dal tentativo di far conoscere la sua musica e potersi affermare nel panorama di allora. Desiderio questo condiviso da tanti altri giovani attorno a lui, nel delicato passaggio dal sogno americano ai conflitti del Vietnam e di tutto il decennio a venire, segnato da incertezze e disincanti. L’abilità dei registi di Minneapolis sta proprio nel mostrare un vivido ritratto di questo momento non cedendo mai alla mera celebrazione, ma suggerendo attraverso dettagli e rimandi l’atmosfera di quel periodo. E fulcro di quest’operazione non poteva che essere la musica, vero mezzo di ribellione giovanile nell’America di allora. Lontani però da una nostalgia all’American Graffiti, i Coen si ispirano alla vita del misconosciuto cantante folk ed intimo amico di Bob Dylan, Dave Van Ronk e mostrando così l’altra faccia della medaglia, quella di chi non ha cavalcato l’onda del successo, portano sullo schermo una nuova storia di outsider, aggiungendo un volto nuovo alla loro galleria, e di certo uno dei più affascinanti. Pur costituendo una sorta di summa della poetica coeniana, A proposito di Davis presenta una vena fortemente intimista rispetto alle pellicole precedenti, facendo di una storia individuale una sorta di cassa di risonanza per il mondo in cui essa è calata. Sarà il folk di Llewyn a farsi portavoce di quel disagio generazionale, di quel malessere esistenziale di chi vive fuori dalla sua epoca, e così esso non piacerà agli amanti di musica antica né tantomeno al vecchio jazzista Turner, ma non sarà neppure vendibile, come le canzonette di Jim o Troy. Il conflitto interiore che ne consegue tratteggia così la figura dell’artista che crede intimamente nel suo lavoro e rifiuta di piegarsi del tutto all’industria discografica, che di lì a poco avrebbe comunque sfruttato la nuova ondata culturale. Da questa mancata identificazione col suo mondo, deriva forse l’insuccesso di Llewyn Davis, frutto semplicemente di un fato capriccioso ed avverso, di cui i Coen si fanno implacabili artefici e che rende il nostro protagonista una semplice vittima dei suoi tempi. Quei tempi che, come qualcuno avrebbe cantato pochi anni dopo, stavano cambiando.
SCHEDA TECNICA
A proposito di Davis (Inside Llewyn Davis, USA/Francia, 2013) – REGIA: Joel ed Ethan Coen. SCENEGGIATURA: Joel ed Ethan Coen. FOTOGRAFIA: Bruno Delbonnel. MONTAGGIO: Roderick Jaynes. MUSICHE: T Bone Burnett. CAST: Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, John Goodman, Garrett Hedlund. GENERE: Drammatico. DURATA: 105′.
https://youtu.be/X8eKgUW5XxQ[:]
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