Who Are You
Un giradischi pronto, una puntina che si poggia sul vinile e la musica ha inizio. Così si apre il documentario Amazing Journey: The Story of The Who. Come si evince dal titolo, quello compiuto dai due registi Murray Lerner (premio Oscar nel 1981 per From Mao to Mozart: Isaac Stern in China) e Paul Crowder è un incredibile viaggio a ritroso che ripercorre la storia di una delle più importanti band della storia del rock.
Il tuffo nel passato inizia dall’infanzia durante il dopoguerra, per poi approdare ai mitici primi anni Sessanta, quando Roger Daltrey formò, a Fielding Road, il gruppo chiamato Detours suonando una chitarra costruita con le proprie mani nell’acciaieria dove lavorava. Non passerà molto tempo prima che Roger abbandoni lo strumento e diventi il frontman della band che di lì a poco prenderà il nome con cui si farà conoscere in tutto il mondo, arrivando a imporsi come una leggenda del rock: The Who.
Il lavoro dei due registi risulta efficace nel fornire allo spettatore un contesto nel quale inserire le storie dei quattro componenti della band. Pete Townshend, Roger Daltrey, John Entwistle e Keith Moon: quattro persone così diverse l’una dall’altra che si ritrovano quasi per caso insieme per creare musica. Ciò che li accomuna è sicuramente la passione per il jazz tradizionale e per il blues americano, genere con il quale si sentono fin da subito in particolare sintonia.
Come in ogni documentario che si rispetti, non possono mancare le parole di colleghi, familiari, produttori, manager, che arricchiscono questo viaggio musicale grazie all’aggiunta di aneddoti e racconti più intimi, che permettano di approfondire la conoscenza del profilo personale, oltre a quello musicale, di ogni singolo componente della band. L’Amazing Journey di Lerner e Crowder esce nel 2007 e può contare sulle dirette testimonianze di Roger Daltrey e Pete Townshend, le cui voci si alternano a quelle di grandi artisti tra cui Sting, The Edge, Noel Gallagher, Eddie Vedder e Steve Jones.
Grazie all’ausilio di filmati d’epoca e spezzoni di concerti, possiamo seguire da vicino l’evoluzione artistica della band inglese: l’iniziale immersione nella cultura Mod, l’uscita di Tommy, la prima opera rock di successo, l’influenza del guru indiano Meher Baba su Townshend, il festival di Woodstock e il successo oltreoceano, le droghe e gli eccessi, i tour in giro per il mondo, le chitarre sfasciate e le batterie distrutte.
Per due ore siamo completamente immersi e trasportati dalla potenza della musica degli Who che ha incantato il pubblico fino al 1983, anno dello scioglimento. In My Generation speravano di morire giovani (“Hope I die before I get old”), eppure si sono resi conto che non potevano scomparire e arrestare la musica: negli anni 2000, cercando di superare la perdita prematura di Keith e John, sono risorti dalle proprie ceneri e hanno continuato a portare in alto la bandiera del rock. Rock is dead, they say. Long live rock!