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Touch of Porno
Schermo nero, un organo intona una musica cupa e funerea. Poi un’esplosione di colori e la dance travolgente di The Emotions con Best of My Love, in un meraviglioso piano sequenza di 3 minuti fuori e dentro un night club (aperta citazione dell’inizio di Touch of Evil di Orson Welles). Già dall’attacco Boogie Nights suona i suoi accordi principali: il contrasto tra dramma e falsa allegria, tra oscurità e luccicante glamour, in un’esecuzione magistrale di virtuosismo registico.
Siamo nell’area di Los Angeles, anno 1977. Impera la Disco music, esce La febbre del sabato sera ed i film porno riempiono le sale cinematografiche. Un giovane lavapiatti entra nel mondo hard diventando in poco tempo un attore porno di grande successo, per poi cadere rovinosamente vittima dei propri eccessi. Ispirandosi alla storia vera di John Holmes, Paul Thomas Anderson racconta in modo spietato, ma senza alcun moralismo, un microcosmo ai margini della società, una famiglia allargata del cinema a luci rosse di cui entra a far parte il protagonista e nella quale, con l’eccezione del padre-regista Burt Reynolds (forse un piccolo vezzo di P. T. Anderson il fatto che l’elemento più equilibrato e tutto sommato più positivo del film sia un regista), vivono e lavorano personaggi vuoti, superficiali e disperati. Un affresco di figure tradite, umiliate, emarginate e disprezzate, che cercano conforto tra di loro e nell’abuso di cocaina, dentro a feste pervase dalla tristezza di un divertimento forzato, tentando di ingannare soprattutto se stessi.
C’è qualcosa di epico nel cinema di P. T. Anderson, quella straordinaria capacità che è solo dei grandissimi di creare immagini così potenti da diventare indelebili, grazie ad una straordinaria capacità nel governare la macchina da presa e gli attori, nonché ad un mirabile uso della musica. Così momenti di cinema sublime nascono anche dalla forza della componente sonora: che sia il vorticoso soul jazz di Compared to What di Roberta Flack, mentre si infrangono sogni e si cerca di sniffare via il dolore, o i rintocchi ossessivi che scandiscono in musica un crescendo di tensione, fino a che omofobia e frustrazione deflagrano in violenza, oppure il pop leggero tipicamente anni ottanta di Jessie’s Girl di Rick Springfield, che esalta per antinomia il senso di delirio e paura in un’allucinante tentativo di rapina, tra droga, fucili a canne mozze e petardi lanciati in una stanza.
Del resto tutto il film è imbevuto di musica, in un susseguirsi di canzoni del periodo (fine anni settanta e inizio ottanta) quasi senza soluzione di continuità. Una selezione non banale che spazia dalla dance di Sunny dei Boney M. e Boogie Shoes di KC & The Sunshine Band, al funky chitarra e gemiti di Jungle Fever di The Chakachas, al soul di Got to Give It Up di Marvin Gaye e a quello più funky di Machine Gun dei The Commodores, al jazz di Jazz Theme From Sweet (The Sage) di The Chico Hamilton Quintet, al rock psichedelico di Mama Told Me Not to Come di Three Dog Night e quello più lounge di Spill the Wine dei War with Eric Burdon, fino al pop di Lonely Boy di Andrew Gold, di Fooled Around and Fell in Love di Elvin Bishop, di You Sexy Thing dei Hot Chocolate e di God Only Knows dei The Beach Boys.
Boogie Nights è anche un film sulla fine di un’epoca, quando tutto un mondo scompare: la Disco music lascia spazio al pop, la pellicola al vhs, il porno curato e artigianale a quello sciatto e industriale. Come nel successivo Vizio di forma (lì era il periodo hippie che finiva), anche qui il regista, pur lontanissimo dall’esaltarla, sembra guardare con nostalgia alla morte di un’età.
Ma soprattutto P. T. Anderson con questo film celebra la magia del cinema, tutto il cinema, anche quello porno. La cinepresa, la troupe, le luci, i suoni, gli attori: tutto partecipa al quell’incantesimo che permette di catturare la vita. Che si tratti di un treno che arriva in stazione nella Francia di fine ottocento oppure di un amplesso in uno studio californiano non importa poi più di tanto.
L’articolo è apparso anche su Cinefilia Ritrovata
SCHEDA TECNICA
Boogie Nights – L’altra Hollywood (Boogie Nights, USA, 1997) – REGIA: Paul Thomas Anderson. SCENEGGIATURA: Paul Thomas Anderson. FOTOGRAFIA: Robert Elswit. MONTAGGIO: Dylan Tichenor. MUSICA: Michael Penn. CAST: Mark Wahlberg, Julianne Moore, Burt Reynolds, John C. Reilly. GENERE: Drammatico. DURATA: 155′
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