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Volti e spazi del riscatto
Al suo esordio dietro la macchina da presa, Scott Cooper, pupillo di Robert Duvall, adatta il romanzo omonimo di Thomas Cobb cucendolo sul volto vissuto di Jeff Bridges e immergendolo negli spazi sconfinati del New Mexico. La storia di Bad Blake, un debosciato honkytonk man consumato dall’alcol, da quattro matrimoni falliti e un figlio assente, richiama il mitologema americano delle parabole di caduta e riscatto pur attenendosi ad un’estetica patinata che scivola talvolta nel cliché (in)volontario.
Cinema dai toni leggeri, sospeso tra nostalgia e tenerezza, in cui la perfetta simbiosi tra musica e recitazione controbilancia la prevedibilità dell’intreccio e l’eccessiva pulizia formale. Pulito, invece, Bad non lo è proprio, annebbiato da whiskey, sigarette e apatia affettiva, star del country sul viale del tramonto che si trascina a stento nelle periferie brulle del New Mexico, barcamenandosi tra concerti in squallidi localini e cercando di scucire qualche buon ingaggio al caustico manager. L’ex drugo, alimentato a White russian e rispettosamente devoto al personale e rigido regime di droghe, si trasforma qui in solitario cowboy della country music, anestetizzato dall’antagonismo col suo ex allievo Tommy Sweet (Colin Farrell) e scaldato dal tepore sentimentale di Jean (Maggie Gyllenhaal), reporter divorziata con figlio a carico.
La colonna sonora diretta da Stephen Bruton e T-Bone Burnett accompagna il racconto di formazione di Bad, ricrea uno spazio autonomo di riflessione individuale su cui galleggia, tra frustrazioni e rimpianti, la figura allampanata di un paroliere old school estromesso dallo star system e per questo votato all’autodistruzione. Attraverso la sua voce ruvida, con i pochi accordi che rendono il country indissociabile dal dolore delle esperienze vissute in prima persona, Blake ripercorre le tappe del suo percorso: da “pietra rotolante” (Hold on you) “diventa qualcun altro” (Somebody else) “guarda la sua vita caduta attraverso le crepe” (I don’t know) ed “è sempre in caduta libera” (Fallin’ e flyin’) finché incontra un “angelo con violino” (Brand new angel) e, anche se il corpo fa ancora male, meglio “prendere il suo folle cuore e fare un altro tentativo” (The Weary kind, brano premiato con l’Oscar, come l’interpretazione di Bridges).
Lo spazio-tempo epico e le identità irriducibili che hanno tipizzato il western e il filone americano on the road di inizio anni ’70, presenti qui in forma di citazione estemporanea (c’è anche Robert Duvall a conferma), si attenuano all’interno di una ballata agrodolce sulle seconde opportunità e sulla purezza della redenzione. Un racconto tutto americano.
SCHEDA TECNICA
Crazy Heart (Id., USA, 2009) – REGIA: Scott Cooper. SCENEGGIATURA: Scott Cooper. FOTOGRAFIA: Barry Markowitz. MONTAGGIO: John Axelrad, Jeffrey Ford. MUSICA: T-Bone Burnett, Stephen Bruton. CAST: Jeff Bridges, Maggie Gyllenhaal, Colin Farrell, Robert Duvall. GENERE: Drammatico. DURATA: 112′
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