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Federica Salini sull’esordio alla regia di Sean Penn Lupo solitario, intenso melodramma ispirato da una canzone di Bruce Springsteen
Qui la recensione apparsa anche su Cinefilia Ritrovata
Man turns his back on his family, well he just ain’t no good
La musica, come è noto, è una componente imprescindibile del prodotto filmico, che si traduce talvolta nell’accompagnare il dispiegarsi del discorso narrativo, talvolta divenendo parte significante dello stesso, catalizzatore di messaggi che il regista intende inviare allo spettatore; così il pubblico, divenendo partecipe delle emozioni – di ansia, gioia o paura che siano – dei protagonisti, ne subisce in definitiva la suggestione. In tali circostanze, certo meno frequenti, è addirittura una canzone a determinare e a giustificare il prodotto filmico, da cui esso stesso scaturisce. Nel caso di Lupo solitario si potrebbe effettivamente parlare di una vera e propria trasposizione per immagini della canzone di Bruce Springsteen Highway Patrolman (non certo una delle più note), a cui Sean Penn guarda al suo esordio alla regia. Siamo nel 1991, ben lontani da quella che sarebbe stata l’evoluzione di Penn dietro la macchina da presa e che lo porterà nel 2007 a firmare Into the Wild, ma appare evidente come sin dal suo primo esperimento registico, Penn abbia voluto tenersi lontano da una logica mainstream, sviscerando tematiche scomode e facendo ricorso a immagini forti, come la scena di un parto in cui ben poco rimane all’immaginazione.
Seguendo fedelmente il brano springsteeniano tratto dall’album Nebraska (1982), Penn racconta la storia di due fratelli agli antipodi, entrambi prototipi del ragazzo americano: Joe, onesto sceriffo devoto alla famiglia, e Frank che, reduce dalla guerra in Vietnam, non riesce a liberarsi dai suoi demoni interiori e a rinunciare alle sue inclinazioni rissose e violente.
In più occasioni la colonna sonora, affidata a Jack Nitzsche, interviene per marcare lo scarto che intercorre tra i due. Ne è un esempio Comin’ Back to Me dei Jefferson Airplane che, sullo sfondo dei video dei due fratelli ancora bambini, evidenzia oggi il divario tra due uomini fatti, profondamente diversi tra loro. In altre sequenze, invece, la musica fa da corollario al tentativo di Frank di adeguarsi a una normalità lontana dagli eccessi, come nel caso di Green River dei Creedence Clearwater Revival, o ancora con la Summertime di Janis Joplin le cui note ci fanno sperare che Frank possa appagarsi e trovare rifugio nell’amore per la sua Dorothy e nel figlio che presto verrà alla luce. Ma i suoi demoni saranno più forti. E allora spetterà a Joe farsi carico di una scelta che si ripercuoterà sulle vite di entrambi: scegliere tra l’uomo di stato e la sua integrità oppure scegliere ancora una volta la famiglia, l’amore per il fratello. Così Joe accosta per lasciare a Frank il tempo di scappare oltre il confine, in fuga da se stesso e da ciò che rappresenta. Springsteen stesso recita “un uomo che volta le spalle alla sua famiglia è un poco di buono”: un giudizio morale rivolto all’ideologia americana e alle bestie che ha creato.
SCHEDA TECNICA
Lupo solitario (The Indian Runner, USA, 1991) – REGIA: Sean Penn SCENEGGIATURA: Sean Penn. MONTAGGIO: Jay Cassidy. MUSICHE: Jack Nitzsche. CAST: David Morse, Viggo Mortensen, Valeria Golino, Patricia Arquette. FOTOGRAFIA: Anthony B. Richmond. GENERE: Drammatico. DURATA: 127’
https://m.youtube.com/watch?list=PLXnHWWdpL-Y46jGJrLtWfWWlaQXBzeV_M&v=4vWY9ApWJWc[:]
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