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Behind the iron curtain
“And what costume shall the poor girl wear /
To all tomorrow’s parties?”
A tratti affascinante, a tratti respingente: come la sua protagonista, Nico, 1988 non vuole “piacere al pubblico”. Parla in modo diretto, trovando una strada del tutto personale per offrire un ritratto sfaccettato ma solido di un personaggio chiave della storia del dark rock.
La Nico che Susanna Nicchiarelli ci presenta nel film che ha aperto la sezione Orizzonti di Venezia 74 non è la cantante e musicista che ha collaborato con i Velvet Underground di Lou Reed, né tantomeno la bellissima modella che fece girare la testa a Jim Morrison e Alain Delon. Qui conosciamo la donna sotto il manto dell’artista, l’essere umano sotto l’apparenza della star, la madre sotto la corazza del business: insomma, Christa Päffgen sotto “Nico”. Tutto ciò emerge con estrema naturalezza da una sceneggiatura che si concentra sugli ultimi anni di vita della donna, dalla straordinaria performance attoriale di Trine Dyrholm che canta davvero tutte le canzoni, da una fotografia che − alternando naturalismo nelle scene domestiche a un look glamour profondamente anni ’80 nelle sequenze dei live − inquadra perfettamente Nico nel suo ambiente.
La Nicchiarelli persegue questo realismo pure nel descrivere situazioni e personaggi alternando il registro drammatico a quello buffo, perché la storia di Nico “come quella di tutti noi è costantemente sospesa tra il dramma e la farsa”.
Ma la vita di Nico è anche sospesa tra passato e futuro. Il tempo è uno dei temi cardine di quest’opera, che mette sempre in dialogo l’auto-affermazione di Nico come donna e artista solista con l’immaginario di cui è rimasta prigioniera: quello legato agli anni della collaborazione con i Velvet e all’entourage di Andy Warhol, perché lo storico disco The Velvet underground & Nico del 1967 è tuttora un caposaldo della musica rock.
La volontà di affrancarsi da quel passato e da quella immagine si riflette altresì nella ricerca di un look differente e nell’affrontare un genere di musica diverso. La Nico post-Factory approda al gothic rock con la sua produzione più personale: dark, crepuscolare e decadente ma anche raffinata e colta (The Marble Index, il suo secondo album da solista, prende il titolo da un verso contenuto nel poema di William Wordsworth The Prelude).
All’interno di questo confronto con il passato, la riscoperta del proprio ruolo di madre e l’instaurazione di un nuovo rapporto con il figlio ritrovato assumono sicuramente un senso profondo di ridefinizione del proprio sé complessivo. E anche il rapporto con il proprio corpo, segnato prima dall’abuso di droga e poi dalla disintossicazione, rientra in un delicato progetto di distruzione più o meno consapevole della propria bellezza fisica e di costruzione di una nuova, complessa identità.