Seeyousound2025 – “Jesus loves the Fools”: la parabola del Carnevale dei Pazzi

«Nessun altro, in Italia, “suonava” come loro», «Sembravano un gruppo arrivato da Melbourne», «Se li fai ascoltare insieme ad altri venti altri dischi ad un ventenne di oggi, colpiscono»: queste citazioni si riferiscono ai Carnival of Fools, la band protagonista del film Jesus loves the Fools, realizzato da Filippo d’Angelo, Dimitri Statiris e Mauro Ermanno Giovanardi.

Proprio quest’ultimo è stato fondatore e leader del gruppo dal 1988 fino al 1994, quando tutti i suoi membri, di comune accordo, intrapresero nuovi progetti e lo stesso cantautore portò avanti la sua musica con i La Crus.

Il documentario rappresenta un ritratto di un’epoca intrisa di fascino romantico per chi, come me, non l’ha vissuta direttamente ma ne ha assaporato qualche strascico per mezzo dei racconti postumi dei suoi protagonisti.

Cinque anni di vita che, raccontati in questa pellicola, possono sembrare molti di più, attraverso le testimonianze di chi sul finire degli anni Ottanta ha saputo creare, trasformare e contribuire alla storia della musica underground italiana.

Il film, mediante l’uso di immagini di repertorio, interviste e l’utilizzo di voci narranti, riesce a creare la suggestione di un periodo in cui il rock, il punk e il post-punk cominciavano ad inondare gli spazi ricreativi della controcultura, in un momento florido di persone ed esperienze.

Nella Milano di fine anni ’80 che fa da sfondo alla storia dei Carnival of Fools, riviviamo la poesia. “Il carnevale dei pazzi, dei sedotti e degli abbandonati”, queste le parole tratte dalla raccolta poetica Witt di Patti Smith da cui Giovanardi prende spunto per il nome della band e che nel documentario vengono valorizzate dall’affascinante recitazione di Violante Placido. Il racconto dei protagonisti supporta anche una ricerca musicale inedita per l’Italia di quegli anni: liriche composte in inglese e dalle sonorità internazionali, lontane da quelle dei Sanremo dell’epoca. Giovanardi, nel lustro della carriera dei Carnival of Fools, ricorda come la formazione musicale della band cambi più volte, donando un’anima eclettica e viscerale sia alle registrazioni degli album che agli eventi live della band meneghina.

Nel film, ci sono poi i luoghi che hanno ospitato le storie, gli incontri, le relazioni umane e gli scambi culturali e politici di una scena che ha saputo inserirsi appieno nella rivoluzione umana e intellettuale dell’epoca; solo per citarne alcuni troviamo, il Bar Chimera, Helter Skelter al Leoncavallo, il negozio di dischi Zabriskie Point.
Ci sono anche gli eventi che hanno caratterizzato un periodo musicale innovativo come la nascita dell’etichetta Vox Pop, artefice della produzione di artisti come Afterhours, Africa Unite, Casino Royale, Ritmo Tribale, Prozac+ e molti altri.

Sullo schermo infine appaiono e si raccontano le persone che hanno permesso queste rivoluzioni: dall’imprescindibile Mauro Ermanno Giovanardi fino a Manuel Agnelli, ma anche Ermanno “Gomma” Guarnieri, Giacomo Spazio, il fonico e produttore Paolo Mauri, il discografico Carlo Albertoli, i membri dei Carnival: Max Donna, Andrea Viotti, Luca Talamazzi, Mox Cristadoro e tanti altri a dare la voce a racconti inediti, curiosità e aneddoti.

Jesus loves the fools, il cui titolo deriva da uno dei primi brani dei Carnival, è una fotografia in movimento che immortala anche i sogni che diventano realtà, come dormire accanto al poster del tuo idolo e pochi anni dopo ritrovarsi sullo stesso palco. È ciò che è successo alla band milanese, quando venne scelta per aprire i concerti italiani di Nick Cave and The Bad Seeds. Sarà proprio il cantautore australiano che chiederà di proseguire la serata insieme, recandosi tutti insieme all’Atomic Bar di Milano (questo episodio è corredato da uno splendido aneddoto). Un sogno che si trasforma in amicizia con Hugo Race, la cui voce conturbante e profonda fa da apripista alle prime immagini del film, rappresentando l’emblema di una strada ancora tutta da riscoprire.

JESUS LOVES THE FOOLS (Italia, 2024), Regia di Filippo D’Angelo, Dimitri Statiris. Documentario, 70′. 

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