L’amour bizarre
Gaspard è l’erede di un locale pazzesco sulla Senna, il Flower Burger, e vive nel ricordo di sua madre che ne era l’animatrice. Proprio quando l’anima vibrante del locale – e il cuore di Gaspard – sembrano inaridirsi ed essere destinati a perire, durante l’alluvione (vera) del 2016, il ragazzo salva una sirena arenatasi in un piccolo molo sulla Senna. La porta in ospedale senza considerare che le sirene, da tradizione, sono letali per gli uomini. Anche la sua non fa eccezione, dato che fa scoppiare il cuore a uno dei dottori. Gaspard, oramai disilluso, sembra immune a questo effetto collaterale – almeno fino a che non riscontra i primi sintomi d’innamoramento.
Dev’essere stato Jeunet con Amélie Poulain che anni or sono, dopo l’amour fou, ha lanciato nell’immaginario cinematografico l’amour bizarre e Una sirena a Parigi amplifica la stranezza jeunettiana inserendosi di prepotenza in questo filone. L’impressione è quella di una favola interessante ma forse troppo dilatata: la triste Parigi contemporanea è lo sfondo dove si proiettano i ricordi dell’incanto degli anni ’40 e ’50, gli anni di Edith Piaf che infatti chiude il film con una discutibile cover di Je ne regrette rien. Mathias Malzieu dei Dionysos ha scritto il libro, curato con il suo gruppo la colonna sonora (nella quale spicca l’allegria del brano che porta il titolo del film, che un po’ ricorda Grau grau grau di Bud Spencer misto ai caraibi pop di In fondo al mar) e girato il film perciò non viene neanche da pensare che forse il libro ha qualcosa in più se la resa filmica è proprio di colui che questa arena l’ha creata. Mah. Il problema di Una sirena a Parigi, a parte la noia della dilatazione visiva di una storia breve (pari ad alcuni film Disney mal centrati dove più che agire si canta), è lo stare sempre a un passo non tanto dal cattivo gusto – si tratta sempre di un cattivo gusto très chic – ma a un passo da quel sorriso di convenienza che si fa davanti alle persone dall’aspetto strano da cui ci si aspetta intelligenza e anticonformismo e invece, avendoci a che fare, si dimostrano più superficiali e meno incantevoli del previsto. Intendiamoci, visivamente ci sono delle belle immagini nonostante la paccottiglia vintage. Tuttavia Amélie Poulain è purtroppo ben lontana e sarebbe interessante conoscere il parere su questo film di chi a suo tempo trovò lezioso il film di Jeunet.
C’è chi ha definito Una sirena a Parigi un film “piccolino ma dal grande cuore”, a mio parere il “cuore” è più dichiarato che effettivamente presente. Non sono neanche sicura che sia ben giocato il meccanismo di far morire il dottorino Victor scatenando contro alla sirena l’ira funesta della sua compagna che lo adorava e che è incinta. Il macabro appesantisce l’amour.