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Yo-Yo Ma e i musicisti della via della seta di Morgan Neville, documentario sulla musica come linguaggio universale capace di superare e abbattere frontiere e limiti. La recensione di Marianna Curia
Bach da seta
Il Silk Road Project nasce nel 2000, appena un anno prima della strage dell’11 Settembre. Il violoncellista Yo Yo Ma chiama più di sessanta musicisti prevenienti da tutto il mondo e decide di creare un’orchestra di World Music dedita alla composizione di brani originali eseguiti con gli strumenti tradizionali.
Nel film documentario The Music of Strangers – Yo Yo Ma and the Silk Road Ensamble (Morgan Neville, 2016), il montaggio alternato si compone di inserti eterogenei: alle interviste recenti (a John Williams e a Nicholas Ma) e ai pezzi di repertorio che descrivono la carriera di Yo Yo Ma (concerti giovanili o pezzi televisivi), si uniscono i racconti degli artisti che compongono parte del gruppo dei musicisti della via della seta. I musicisti sono quasi tutti cittadini del mondo: Kinan Azmeh è un giovane clarinettista siriano sfuggito alla guerra, Keyhan Kalhor è un suonatore di keman allontanato dalla moglie e dal suo paese dopo la rivoluzione; Cristina Pato è una suonatrice di cornamusa galiziana che abita a New York da più di quindici anni; Wu Man che suona il pipa – uno strumento a corde della tradizione cinese – è considerata una rockstar di livello internazionale.
Se la musica si può definire una forma d’arte universalmente riconosciuta (da un punto di vista antropologico e semiologico per lo meno), allora essa è in grado di fondare linguaggi musicali nuovi a partire dalla messa in risonanza di linguaggi musicali specifici; e così, nel brano di apertura del film, gli strumenti tipici della musica colta europea (oltre al contrabbasso, è presente il quartetto d’archi classico, formato da due violini, viola e violoncello) si uniscono a strumenti di provenienza etnica diversa. D’altra parte, quest’idea dello scambio culturale attraverso la messa in comune di linguaggi, strumenti e tradizioni musicali differenti, è già contenuta nel nome del gruppo; quest’ultimo, infatti, fa riferimento al percorso lungo il quale si snodavano i commerci dall’impero cinese a quello romano alla fine del diciannovesimo secolo. Simbolicamente, la musica diventa allora una merce di libero scambio il cui percorso oggi è globale (l’orchestra si riunisce due volte l’anno nel Massachusetts e si organizza per un tour mondiale). Ma la riflessione sul multiculturalismo musicale si alterna costantemente a quella sul valore e sul senso della musica, sia di chi la compone o la esegue, sia di chi la ascolta. La musica viene allora inserita in un racconto di Yo Yo Ma sui riti sciamani (il valore della musica risiede nella capacità di guarire l’animo umano), o viene descritta attraverso l’emozione che deriva da un particolare tecnico (il vibrato di un suono tenuto al violoncello che esprime il dolore della guerra in un quartetto di Messiaen).
Yo Yo Ma è il regista di un’operazione culturale importante, ma non è il solo (si pensi all’Orchestra di Piazza Vittorio o alla Divan Orchestra diretta da Daniel Barenboim). Piuttosto, è fondamentale l’assolo di violoncello della prima suite di Bach che risuona come un leitmotiv per tutto il film.
SCHEDA TECNICA
Yo-Yo Ma e i musicisti della via della seta (The Music of Strangers: Yo Yo Ma and the Silk Road Ensamble, USA, 2016) – REGIA: Morgan Neville. FOTOGRAFIA: Graham Willoughby. MONTAGGIO: Helen Kearns, Jason Zeldes. MUSICA: Yo Yo Ma and the Silk Road Ensamble. CAST: Yo-Yo Ma, Kinan Azmeh, Kayhan Kalhor, Cristina Pato, Wu Man. GENERE: Documentario. DURATA: 96’
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