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La recensione della soft comedy intimista di John Carney Tutto può cambiare a cura di Vincenzo Palermo
Armoniche solitudini
La musica in Tutto può cambiare (Begin Again) è itinerante, riempie i sobborghi newyorchesi e inebria ogni quartiere, specie quell’East Village su cui aleggia, tutt’oggi, l’atmosfera vintage dei favolosi seventies. Merito dello studio di registrazione a vocazione nomadica di Dan Mulligan (Mark Ruffalo), produttore discografico alla deriva, ma soprattutto della voce di Greta (Keira Knightley), autrice di ballate acustiche che rapiscono e seducono. Entrambi condividono un burrascoso e recente passato che cercano di buttarsi alle spalle, Dan annegandolo nel bourbon d’annata e in generose sorsate di chiara doppio malto, Greta rifugiandosi dall’amico musicista di strada. Abbandonati dai rispettivi partner e ingannati da sogni e speranze perse nelle retrovie, i due si incontrano nella sala concerti dell’East Village dove scocca la fatidica freccia. Che non è quella di Cupido. Per cercare di salvare il suo lavoro di produttore discografico Dan, sbronzo più che mai, soccorso dai suoi arrangiamenti fantasma, trasforma la ballata acustica che Greta suona di fronte a spettatori più che indifferenti, in una partitura musicale elaborata in cui violino, basso e batteria iniziano a suonare da soli. Magia della musica o forse solo di persuasive allucinazioni alcoliche. Il sodalizio tra i due ha inizio e presto le due meteore in caduta libera cercheranno di redimersi e riscattarsi insieme.
Dopo Once, garbata e malinconica ballata di disillusione a due girata con camera a mano, John Carney sfrutta la stessa formula in Tutto può cambiare, costruendo sulla colonna sonora di Gregg Alexander una storia di solitudini metropolitane e di vite allo sfascio. Dan, emulo dell’alcolizzato Bad Blake (Jeff Bridges) di Crazy heart è trasandato, arrivista e sboccato, Greta, rimasta senza il fidanzato (Adam Levine, frontman dei Maroon 5) dopo il suo trasferimento nella Grande Mela si lecca le ferite del recente trascorso improvvisando performance nei locali newyorchesi. Trasferendo il suo “capitale umano fragile” oltre Oceano e abbandonando quella Dublino in cui fu bassista dei Rock the frames, il cineasta irlandese compone un “andante con brio” a tratti graffiante e caustico come le corde del basso “tirate” da Dan, alternando alle incursioni umoristiche di Keira Knightley, la grossolana giocoleria slapstick di Mark Ruffalo, dolce e irriverente allo stesso tempo.
Tutto può cambiare gioca di sottrazione, riducendo al minimo cliché e retoriche futili, lasciando che il sentimento fluisca liberamente, sprigionato dalle melodie intonate da Greta e cantate a più voci: dei tanti musicisti assoldati nel tour di registrazione “a cielo aperto” e della figlia di Dan, l’adolescente Violet divisa tra lui e la moglie con cui è in rotta di collisione. Sembra allora che gli unici strumenti di pacificazione siano le note di violino e contrabbasso, i refrain intonati tra le vie affollate di New York, i giri di chitarra e soprattutto la voce eterea di Greta, una “Lost stars” in fuga da qualche parte nel paese della “promised land”.
SCHEDA TECNICA
Tutto può cambiare (Begin again, USA, 2013) – Regia: John Carney. SCENEGGIATURA: John Carney. FOTOGRAFIA: Yaron Orbach. MONTAGGIO: Andrew Marcus. MUSICA: Gregg Alexander. CAST: Keira Knightley, Mark Ruffalo, Adam Levine, Hailee Steinfeld, James Corden. GENERE: Commedia. DURATA: 104′
https://www.youtube.com/watch?v=8EX0uhfTyRA[:]
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