LeitSummer2017 – Ziggy Stardust and the Spiders From Mars

[:it]


Voto al film:

Dalla polvere di stelle alla cenere

“Questo tour è stato uno dei più grandiosi della nostra vita. E questo spettacolo particolare rimarrà con noi più a lungo degli altri, perché non solo è l’ultimo concerto del tour, ma è anche l’ultimo che faremo mai”. Con queste parole, pronunciate il 3 luglio del 1973 all’Hammersmith Odeon di Londra, Ziggy Stardust, alter ego di David Bowie, annuncia il suo ritiro dalle scene dopo due album (The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars e Aladdin Sane) ed un tour di un anno e mezzo. A catturare questo momento c’è la macchina da presa di D.A. Pennebaker, regista che con Don’t Look Back e Monterey Pop aveva già raccontato il tour inglese di Bob Dylan del 1965 ed il Monterey Pop Festival del 1967.

Il film Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, che per varie disavventure verrà distribuito solo nel novembre del 1983, documenta quell’ultimo concerto in un serrato susseguirsi di canzoni, vociare di fans truccati da Ziggy, cambi di abito nel camerino, sigarette, luci intermittenti e costumi spaziali. Tra il buio ed i colori saturi dominati dal rosso, i primissimi piani di uno Ziggy scheletrico che canta la sua morte (“when the kids had killed the man I had to break up the band”), la cover di My Death di Jacques Brel e Mort Shuman, le ragazze che piangono in una disperata estasi e le note della nona sinfonia di Beethoven, arrangiata ed eseguita da Wendy Carlos, che aprono e chiudono il film (con un inevitabile rimando all’opprimente atmosfera di Arancia Meccanica di Kubrick da cui sono tratte), quello che viene alla luce è la fotografia non tanto di una cerimonia festosa tipica di un concerto rock, quanto di un rito funebre, quasi una celebrazione religiosa di un Messia alieno caduto sulla terra (Ziggy o Bowie?), che suonava divinamente la chitarra ma che aveva osato troppo (“He took it all too far but, boy, could he play guitar”).

Il film custodisce frammenti di grandissima musica: il lancinante assolo di chitarra di Mick Ronson in Moonage Daydream, l’irresistibile riff iniziale di Ziggy Stardust, il trascinante ritornello di Changes, la perfetta melodia di Space Oddity, il piano stile cabaret nell’inizio di Time fino allo struggente crescendo di Rock ‘n’ Roll Suicide.

Impresso sulla pellicola di D.A. Pennebaker c’è in definitiva l’assassinio sul palcoscenico di un personaggio che stava diventando forse troppo ingombrante (l’immedesimazione era tale che molti pensarono che il ritiro di Ziggy fosse quello dello stesso Bowie), c’è l’inizio della fine del glam rock, c’è il bisogno di un grande artista di morire per rinascere in nuovi personaggi, in nuove città, con nuove droghe e nuovi stili musicali. Come una moderna araba fenice, Bowie ha continuato per più di quarant’anni a bruciare e a risorgere dalle proprie ceneri. Ashes to ashes, funk to funky.

SCHEDA TECNICA
Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (Id., Inghilterra, 1973) – REGIA: D. A. Pennebaker FOTOGRAFIA: Mike Davis, Jim Desmond, Nick Doob , Randy Franken, D.A. Pennebaker. MONTAGGIO: Lorry Whitehead. MUSICA: David Bowie. CAST: David Bowie, Mick Ronson, Mick Woodmansey, Trevor Bolder. GENERE: Film-concerto. DURATA: 90’

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Telegram

Leave a Replay