[:it]Mektoub, My Love: Canto uno[:en]Mektoub, my love: Canto Uno[:]

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Voto al film:

Eloquente e sospeso primo atto

Spesso si tende a confondere la leggerezza con la vaghezza e l’abbandono, alle volte anche con la noncuranza; alcune delle più grandi opere letterarie, ad esempio, Giacomo Leopardi col suo Zibaldone di pensieri o Lucrezio narrando la genesi dei corpuscoli invisibili della materia mostrano l’esatto contrario.

Leggerezza è sinonimo di esattezza e precisione e lo sguardo di Abdellatif Kechiche riflette proprio quest’apparente contraddizione, proiettandola e diluendola in un orizzonte spaziotemporale e semantico più ampio.

Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Mektoub, My Love: Canto uno è il racconto del dilatatissimo, quasi interminabile idillio estivo della gioventù francese di fine anni novanta, che Kechiche segue con una tenuità e delicatezza tali da riuscire a calare lo spettatore nel lirismo di un così imperturbabile stato di sospensione.

Un’atmosfera resa ancora più lieve dal sonoro attraverso cui le consuetudini del quotidiano vengono nobilitate, elevandosi ad un livello di estasi contemplativa senza eguali; la maestria di Kechiche, infatti, sta proprio in questo, riuscire a rendere in un qualche modo paradigmatiche ed emblematiche immagini figurali di bellezza e leggerezza, se pensiamo, ad esempio, alla scena in cui il protagonista decide di immortalare la nascita di un agnellino, dove la fotografia restituisce tutto in senso di realismo e nitidezza di quel determinato spaccato. Una parentesi altissima, dove ciò che fa parte dell’osservazione di quel particolare “insignificante” il regista vuole proiettarlo in una dimensione universale, sublimandovi tanto la banalità del ciclo esistenziale – sia nella scena suddetta che in quella d’esordio, la cui “finalità” e dilatazione le rendono speculari – quanto il tripudio delle carni e l’incessante movimento dei corpi di quella gioventù cui Kechiche allude in maniera disincantata.

D’altra parte, un tale disinteresse è stato confuso, da parte della critica, in una specie di delirio di onnipotenza maschile, fuorviandone tutto il significato. Quello di Kechiche nei confronti dell’umano è al contrario un amore libero e disinteressato, senza svilenti moralismi, dove ad avere ragion d’essere è l’individuo nella sua più immune realtà istintuale, disciolta da qualsiasi genere di condizionamento esteriore.

SCHEDA TECNICA
Mektoub, My Love: Canto uno (Mektoub is Mektoub, Francia, 2017) – REGIA: Abrellatif Kechiche. SCENEGGIATURA: François Bégaudeau. FOTOGRAFIA: Marco Graziaplena. MONTAGGIO: Arthur Boulegue. CAST: Shaïn Boumedine, Lou Luttiau, Ophélie Bau, Alexia Chardard. GENERE: Drammatico. DURATA: 180’

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