Venezia 79 – Tar

Martina Biscarini su Tàr di Todd Field, film sul mondo della musica classica con Cate Blanchett

Voto al film:

Ascesa e caduta di un’artista contemporanea

Cate Blanchett è Lydia Tar una direttrice d’orchestra all’apice della carriera. Ha avuto un grande maestro (niente meno che Leonard Bernstein), ha vinto Grammy, Tony, Emmy e Oscar. Il mondo però attorno a lei sta cambiando. Da una parte, Lydia si trova a dover fronteggiare se stessa, i propri incubi, le proprie ossessioni che si esprimono in suoni perturbanti o ripetitivi allo sfinimento. Dall’altra c’è il rapporto con la propria famiglia – la fidanzata Sharon, primo violino dell’orchestra che lei dirige (i Berliner?) e la figlia bullizzata a scuola. Dall’altra ancora c’è il suo bisogno di riposo e di evasione che la porta a dare fin troppe attenzioni a una violoncellista russa (Olga) che forse neanche le merita.

Al contempo, l’aver ignorato per molto tempo le avances della giovane aspirante direttrice d’orchestra Krista, che si comporta da stalker, l’ha portata ad essere talmente ossessionata dalla ragazza da compiere gesti esagerati come stracciare prime edizioni di Vita Sackville-West (regali di Krista) o impedire alla ragazza di trovare lavoro. Infine c’è la cancel culture e il fastidio che un’artista può provare per la presentizzazione di personalità vissute secoli addietro come J. S. Bach.

Lentamente ma inesorabilmente, nel corso di tre ore di film tutte le crepe che inizialmente si intravedono nella vita di Lydia cederanno e le cadranno addosso. Lydia saprà ingoiare il rospo e reinventarsi, non senza pagarne il prezzo.

Ecco nominiamo subito l’elefante nella stanza: Tar dura troppo. Sono tre ore al limite del tirato via quando potevano essere dilatate in quattro puntate di una miniserie. Ci sarebbe stato tempo di approfondire molti aspetti – a partire dalla professione di Lydia al focus su gli altri personaggi. Il mondo della musica classica ha un peso specifico notevole nel film e forse – lo dico da persona che un po’ lo conosce – lo spettatore medio ha un po’ bisogno di essere preso per mano ed entrarci dentro. In tre ore però il tempo non c’è: si vuol mostrare tutto e tutto assieme, il risultato può somigliare a un “Lydia Tar che fa cose” ed è in effetti solo la bravura innegabile di Cate Blanchett a far capire allo spettatore che dietro le sue azioni apparentemente senza senso – o incomprensibilmente cattive – c’è un mondo.

Quel mondo è la parte interessante. Lydia Tar è innamorata della musica – nel mondo se l’è sempre cavata ma è chiaro che le relazioni interpersonali non sono il suo forte. Tuttavia la sua posizione le impone di dover addirittura decidere della carriera di qualcuno. Quindi la nostra fa confusione a seconda dei suoi bisogni oppure fa del male chiudendosi. Il fatto è che, a differenza di una persona non celebre, Lydia si nota. La sua vita è sul piedistallo del direttore d’orchestra sempre, anche quando lei ne scende. E la fama finalmente viene rappresentata per quello che è, senza romanticherie: un’arma a doppio taglio. Puoi decidere della vita degli altri ma devi farlo bene: in Tar si mostra benissimo come in certi mestieri creativi il mito della meritocrazia non esista, specialmente quando le redini della situazione sono in mano a una direttrice che pian piano ha perso il metronomo della sua vita. Inoltre, bisogna stare attenti a quel che si dice. Soprattutto oggi dove le giuste lotte civili sono estremizzate dalla cancel culture (che noi in Italia abbiamo visto pochissimo, ma che in ambito anglosassone è una cosa seria) e dove puoi essere rovinato con due click.

Insomma c’era altro da dire. Il mondo della musica classica è interessante, interessanti sono le dinamiche di genere (in senso ampio) al suo interno, interessante è vedere come le affronta un personaggio complesso come quello di Blanchett. Solo, forse il formato di lungometraggio non era la scelta migliore: il film soffre un po’ di quella che ironicamente chiamo la “sindrome di The Irishman” – troppo lungo, troppe cose, troppo poco approfondimento. La serialità esiste: usiamola.

SCHEDA TECNICA
Tar (USA, 2022) – REGIA e SCENEGGIATURA: Todd Filed. FOTOGRAFIA: Florian Hoffmeister. MUSICHE: Hildur Guðnadóttir. CAST: Cate Blanchett, Noémie Merlant, Nina Hoss, Sophie Kauer. GENERE: Drammatico. DURATA: 158′

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