Poetica politica.
Prima del canonizzarsi del “mafia-movie” e prima della grande stagione del cinema politico italiano, fu A ciascuno il suo, quinto lungometraggio di Elio Petri, a spalancare gli occhi del grande pubblico sulle criminali connessioni tra potere, Chiesa e malavita.
Tratto dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, il film non ne è la pedissequa riproposizione ma un adattamento “fedele nello spirito”: era questo che allo scrittore siciliano interessava maggiormente e che il regista romano riuscì a realizzare grazie alla sua prima collaborazione con Ugo Pirro, che valse al film il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes.
La storia è quella del professor Paolo Laurana (Gian Maria Volonté, anch’egli alla sua prima collaborazione con Petri) che indaga sull’omicidio di due amici, finendo sedotto da Luisa (Irene Papas), la vedova di uno di loro. Si avvicinerà però troppo alla soluzione dell’enigma, che implica scomode verità riguardanti i rapporti tra la Chiesa, un notabile del paese e la criminalità.
Nel 1967 Petri gira il suo primo vero film politico: dopo gli esordi esistenzialisti (L’assassino, I giorni contati), il dramma grottesco del Maestro di Vigevano e una tappa nella fantascienza pop (La decima vittima), egli affronta la sfida di inserire una storia di un genere per lui nuovo all’interno del suo percorso poetico. In A ciascuno il suo c’è infatti tanto di Sciascia quanto di Petri: all’ossatura teorica e narrativa fornita dallo scrittore siciliano, l’autore fa aderire la propria capacità di analisi psicologica attraverso la retorica cinematografica, la predisposizione a cogliere le relazioni nascoste tra i personaggi e le loro funzioni sociali, l’interesse nel mostrare la realtà dietro le apparenze, l’abilità nello scandagliare l’evoluzione dei rapporti umani.
Se l’apertura del film con una panoramica aerea ricorda l’inizio del terzo lungometraggio (là era Vigevano ad essere offerta al nostro sguardo, qui è Cefalù), la regia di Petri trova da subito uno stile che aderisce all’universo tematico che vuole narrare: con avvicinamenti progressivi, le inquadrature stringono sul postino che sta per consegnare una lettera a quella che scopriremo essere una delle future vittime. Questo avvicinamento contiene già in nuce il rapporto tra stile e tema alla base del film: l’avvicinamento alla verità. Ancora una volta, lo stile si fa sostanza, la forma contenuto, il medium messaggio. Il filo conduttore dell’opera è rappresentato dalle indagini di Laurana e tutto il film è giocato stilisticamente sullo zoom. Ripetuto, ostinato (troppo, secondo alcuni critici dell’epoca) simboleggia anche l’isolamento del dettaglio dal contesto, modus operandi alla base delle indagini compiute dal professore che proprio di questo sarà vittima: concentrandosi sui dettagli perderà di vista il quadro generale della verità.
La sequenza iniziale definisce anche a livello sonoro il tono del film: la “morbida melodia romantica in minore” (Roberto Manassero) di Luis Bakalov stabilisce un mood quasi melanconico, che poco ha a che vedere con le successive rappresentazioni (anche musicali) di vicende legate alla mafia. Questa musica, per il suo condurci verso il latore della missiva, risulta collegato per concatenazione all’omicidio dei due uomini. Esso sarà poi riproposto nel film quando Paolo incontra Luisa fuori dalla chiesa e nel prefinale con Laurana e la donna sulla spiaggia, legando definitivamente Luisa ai crimini.
Hanno invece ritmo più sincopato e sonorità più moderna il brano che accompagna Laurana all’inseguimento di Raganà e quello che commenta ansiosamente il pestaggio e l’omicidio del professore. Se notiamo come nel finale, dopo l’allegra musica all’arrivo degli sposi, l’entrata in chiesa sia accompagnata da un ritmo percussivo che richiama proprio l’assassinio del protagonista, non possiamo evitare di accostare il nero dominante della scena (causato sì dalla scarsa illuminazione della chiesa, ma chiaramente intenzionale) a un’ombra di criminalità e di morte.
SCHEDA TECNICA:
A ciascuno il suo (Italia, 1967) – REGIA: Elio Petri. SCENEGGIATURA: Ugo Pirro, Elio Petri. FOTOGRAFIA: Luigi Kuveiller. MONTAGGIO: Ruggero Mastroianni. MUSICA: Luis Enrique Bakalov. CAST: Gian Maria Volonté, Irene Papas, Salvo Randone, Gabriele Ferzetti. GENERE: Drammatico. DURATA: 99′.