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“Aleksandr Nevskij” e l’ossessione del controllo
Dopo una serie di boicottaggi da parte della censura, Ėjzenštejn porta finalmente a compimento il suo primo film sonoro, in collaborazione con Sergej Prokofiev. Aleksandr Nevskij, alla guida dell’esercito russo, trionfa sui Teutoni, come il grande condottiero Stalin è pronto ad affrontare i nazisti. Tuttavia, la celebrazione patriottica degli eroi del passato non è sufficiente ad ottenere l’approvazione dei supervisori: sia il regista che il compositore devono soddisfare i canoni formali del realismo socialista. Se Ėjzenštejn è costretto a confutare il montaggio delle attrazioni e quello intellettuale, ormai bollati come eccessi formalistici, Prokofiev non può che reprimere l’audacia atonale. Insomma, perché il cinema possa sopravvivere al regime, deve farsi strumento di propaganda e l’irrigidimento politico deve trovare legittimazione in un irrigidimento formale.
Bisogna inculcare nel pubblico l’idea che il popolo e il suo capo sono inseparabili e ugualmente indispensabili per la causa. Probabilmente facendo di necessità virtù, il regista elabora la teoria del montaggio verticale, volto alla realizzazione di un tutto organico, in cui le parti concorrono alla definizione del tutto e ne condividono le medesime caratteristiche, fondendovi insieme il senso dell’udito e quello della vista. Nei suoi scritti, Ėjzenštejn arriva a mostrare – come in una partitura orchestrale a cui sia aggiunta una linea per la parte visiva (o come in un moderno software di video editing) – una maniacale sincronizzazione tra immagini e suoni, a un passo, per così dire, dal madrigalismo, che investe da un lato la composizione dell’inquadratura, i movimenti, la scelta dei piani e l’illuminazione, dall’altro l’andamento melodico e armonico, il timbro, la dinamica. Nel film, l’apice virtuosistico è raggiunto nell’immortale sequenza della battaglia sul lago ghiacciato, anche grazie ad un montaggio successivo alla registrazione orchestrale.
Inutile sottolineare quanto sia complessa la formulazione di Ėjzenštejn, ma nella pratica, sia pure a una notevole distanza geografica e ideologica, gli accorgimenti adottati (saldatura tra suono e immagine, gestione soggettiva del tempo, soluzioni orchestrali onomatopeiche) erano già ampiamente utilizzati oltreoceano, nel cinema d’animazione. Walt Disney (che sia Ėjzenštejn che Prokofiev avevano conosciuto) era – come del resto tutti gli animatori – un fanatico del controllo e forse non è un caso che in un clima repressivo come quello dell’Unione Sovietica, Ėjzenštejn abbia optato per tecniche cinematografiche sorvegliatissime. Certo, nella battaglia dell’Aleksandr Nevskij non ci sono disegni, ma il livello di stilizzazione della scenografia e dei personaggi è così elevato da rendere possibile una manipolazione totale del girato e l’eliminazione di ogni contraddizione interna.
Si pensi a come la tecnica dell’animazione sia spesso stata per gli Stati Uniti non solo la base su cui edificare una fabbrica di sogni capitalistici, ma persino un efficace strumento di propaganda. Poco importa quale sia il messaggio veicolato: si tratta in ogni caso di un sistema formidabile per la proiezione di utopie.
SCHEDA TECNICA
Aleksandr Nevskij (Id.; URSS, 1938) – REGIA: Sergej Ėjzenštejn. SCENEGGIATURA: Sergej Ėjzenštejn, Pyotr Pavlenko. FOTOGRAFIA: Eduard Tisse. MONTAGGIO: Sergej Ėjzenštejn, Esfir Tobak. MUSICHE: Sergej Prokofiev. CAST: Nikolay Cherkasov,Nikolai Okhlopkov, Andrei Abrikosov. GENERE: Storico-epico. DURATA: 111′.
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