Distant Sky – Nick Cave & The Bad Seeds Live in Copenaghen

[:it]


Voto al film:

Panica elegia

A un anno dalla tragica scomparsa del figlio, Nick Cave pubblica Skeleton Tree: un album controverso, disarmante, su cui aleggia il fantasma di una perdita incolmabile, dal primo all’ultimo pezzo: una profusione di immagini ed eco di un passato blues-gospel, ballate di un amore perduto attraverso cui si cerca di “spingere via il cielo” per arrivare a toccare un Dio incarnatosi nelle più disparate presenze terrestri, pensando a Jesus Alone, forse il brano contenente il motivo cardine della spiritualità dell’ex Birthday Party.

«Credi in Dio, ma non sta scritto da nessuna parte che avrai una dispensa speciale per questa tua fede». Con queste parole Nick Cave compie la sua dichiarazione d’amore straziante e angosciante, ma l’apogeo, in questo senso, giunge gradualmente, e Distant Sky è un brano dal fervore emotivo e intellettuale inarrivabile. Distant Sky è anche il titolo che David Barnard dà al film realizzato sul una delle tappe dell’ultimo tour di Nick Cave & The Bed Seeds a Copenaghen, un’esperienza sensoriale totalizzante, come ogni loro performance, più che un semplice concerto. Sensoriale perché Cave tocca con mano – letteralmente, scendendo tra la folla, abbandonandosi in calorosi abbracci, facendo sì che il pubblico canti insieme a lui – l’apparato emozionale dello spettatore, senza alcuna via di scampo, nemmeno per i più restii. «Ci avevano detto che i nostri sogni avrebbero vissuto più di noi, che i nostri dei avrebbero vissuto più di noi, ma hanno mentito»: qui il vuoto, la sensazione di abbandono da parte di un qualsiasi appiglio salvifico, e la rassegnazione, la consapevolezza dell’essenza criptica del principio evocato da Distant Sky. Anche i toni più placidi, dal ritmo flemmatico e prolungato contengono un quid di sinistro, come nella profonda cupezza di Girl in Amber, una donna intrappolata nell’ambra, in un’esistenza ombratile, ingiallita dalla sofferenza e il pensiero che potrebbe – potrebbe – alludere alla moglie toglie il fiato. Un pezzo dall’aura gotica e spigoloso che fa da contraltare a uno dei momenti più catartici del concerto. Con la melancolia blues di Higgs Boson Blues, quasi all’inizio, Nick Cave e i suoi Bad Seeds non esitano a introdurci nella panica spiritualità del pezzo, diluendolo all’infinito e chiedendo a ognuno degli spettatori di percepire il loro battito cardiaco, la loro vitalità, il loro esistere.

«Non credo nell’esistenza degli angeli, ma quando ti guardo penso invece che siano veri». (Into My Arms)

Pur non credendoci, una canzone per un angelo l’ha scritta: Cassiel’s Song, realizzata per Così lontano così vicino di Wim Wenders parla di un angelo decaduto, che ha voluto farsi carne e godere della temporalità, lui che poteva vantare una dimensione senza tempo e il privilegio di osservare il mondo dall’alto, custode di un oltre immateriale. Ma il tempo terrestre non gli ha giovato e gli angeli sono venuti a prenderlo. «Sei caduto dal cielo, precipitato su un campo vicino al fiume Adur» e la parabola di Cassiel rivive in Jesus Alone.

L’articolo è apparso anche su Tuttorock
SCHEDA TECNICA
Distant Sky – Nick Cave & The Bad Seeds Live in Copenaghen (Id., Inghilterra, 2018) – REGIA: David Barnard. CAST: Nick Cave, Warren Ellis, Thomas Wydler, Martyn Casey. GENERE: Film concerto. DURATA: 143′

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Telegram

Leave a Replay