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Le vibrazioni bolognesi
Persino ai tempi di IMDb, c’è tradizionalmente un momento in cui, nel buio della sala, i cinefili sono immediatamente riconoscibili: alla fine del film, quando si ostinano a restare piantati nelle poltroncine per leggere i titoli di coda e, dulcis in fundo, qualche dettaglio sulla colonna sonora, bloccando l’uscita ai vicini.
Sarà anche un vezzo, ma nel caso di Zen sul ghiaccio sottile i bolognesi hanno un motivo in più per essere curiosi: i titoli di coda del film di Margherita Ferri sono quasi una pagina locale degli spettacoli, che getta luce su professionisti e maestranze radicati sul territorio e che dal territorio hanno spiccato il volo.
A voler essere precisi, il film è stato girato sull’Appennino e ha avuto il sostegno di Biennale College, ma è una produzione Articolture/BottegaBologna e si avvale della collaborazione con il Gruppo Scuola e Formazione del Cassero e il Centro Risorse LGBT di Bologna. La realizzazione del sonoro, poi, nasce da una vera e propria sinergia tra realtà cittadine.
L’editing dei dialoghi, il sound design e in generale la post-produzione sono stati curati da Zero51 Audiolab, che come ricorda il presidente Antonello Sabatini, “è un’associazione nata dalla necessità di riunire un gruppo di maestranze, in modo da poter curare ogni aspetto del sonoro di un film, dalla registrazione al montaggio, dalla composizione delle musiche all’effettistica e ai rumori. Ci siamo conosciuti durante un corso organizzato da Demetra Formazione e da quel momento, con l’appoggio di Modulab, abbiamo iniziato a collaborare con Margherita Ferri, prima alla realizzazione del cortometraggio I hate pink!, poi a Zen sul ghiaccio sottile”.
Alicia Galli, che fa parte di Zero51, ha scritto la colonna sonora del film, assumendosi il delicato compito di traghettare Maia alla scoperta di Zen. “Sono partita da un materiale musicale omogeneo. Per prima cosa ho scritto una piccola suite con due temi contrastanti: uno rappresentava il momento più travagliato di Maia e l’altro la scoperta dell’identità e la liberazione di Zen. Ho registrato il materiale in studio, al pianoforte, ed è a partire da questo nucleo che ho sviluppato la colonna sonora vera e propria, arrivando poi a registrare le parti strumentali in collaborazione con l’Orchestra Senzaspine, della quale sono direttore ospite principale.
Per quanto riguarda invece le scelte compositive, ho deciso di utilizzare anche musica elettronica, a volte in unione con la classica e con atmosfere un po’ impressioniste, un accostamento che, in fondo, non è risultato affatto azzardato. Va da sé che le atmosfere elettroniche sono state lavorate con molta attenzione, perché sono tutte attinenti al mondo emotivo di Maia/Zen.
In generale, le idee musicali sono nate dalla necessità di esprimere un contrasto, come accade, ad esempio, nella scena del pattinaggio, quando i giocatori di hockey sembrano danzare grazie alla musica. Ho cercato una contrapposizione tra la pesantezza esteriore dello sport e una sensazione di leggerezza e di sospensione più intima, anche perché, più che legarsi all’identità di genere, la musica si lega al percorso emotivo della protagonista: al centro c’è l’inquietudine di un’adolescente che progressivamente arriva a scoprire se stessa”.