Omaggio a Ennio Fantastichini: Porte aperte

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Voto al film:

Storia di un’amicizia, storia di un punto di svolta

Quello di Fantastichini è un ricordo funebre che non avrei voluto scrivere così presto. Sarà che lui stesso dichiarava di tener sempre molto vivo dentro se il proprio fanciullo interiore e di rimanere male quando, nella vita di tutti i giorni, la gente lo trattava da adulto. Diceva di combattere “contro le tenebre dell’ignoranza” di questi ultimi tempi, ma non soccombeva alla supponenza acida (e francamente poco produttiva, in quella stessa lotta) di alcuni suoi colleghi. Militava dalla parte dei sentimenti umani. Perciò credo che parlare di Porte aperte, quello che definiva il suo film-totem e che rappresenta una dichiarazione aperta contro la pena di morte, sia un giusto modo per ricordarlo.

Correva l’anno 1990. Angelo Rizzoli propone Porte aperte, tratto dal romanzo di Sciascia, a Gianni Amelio il quale risponde, categorico, che accetterà solo se Gian Maria Volonté (il cui percorso si è spesso incrociato con riscritture per il cinema di libri dell’autore siciliano) potrà avere la parte di protagonista. Alle musiche c’è Franco Piersanti. Ha già lavorato con Amelio in Colpire al cuore, per cui aveva scritto un tema per clarinetto con basso incalzante. Per Porte aperte sceglie un tema poliziesco, con violini improvvisi e accenti drammatici, interlacciati a momenti solisti dell’amato clarinetto. È una musica che parla di omicidio, di cronaca nera (Piersanti in seguito curerà la colonna sonora del Commissario Montalbano dal 1999 al 2003).

La collaborazione col regista parte però immediatamente con uno scontro a muso duro: durante la lavorazione, il grande attore minacciò di lasciare il set almeno una dozzina di volte. Ennio Fantastichini aveva allora trentacinque anni, con Amelio aveva già girato I ragazzi di via Panisperna. In questo film invece era Tommaso Scalìa, un pluriomicida condannato a morte – e che desidera la morte – che invece il giudice Di Francesco, interpretato da Volonté, tenta in ogni modo di salvare, rovinandosi la carriera, per una questione di principio: la condanna morale della pena capitale. Fantastichini considera Volonté il suo “motivatore”: la vocazione attoriale gli è venuta dopo aver visto Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Spia con ammirazione le entrate sul set del grande attore, la cui sola presenza riesce a far mettere a tacere comparse e maestranze, da lontano. Perciò non si capacita del trattamento sgarbato che riceve dal suo idolo: si avvicina per salutarlo e omaggiarlo, ma Volonté passa oltre e non lo considera, facendolo scoppiare anche a piangere, facendolo correre da Gianni Amelio in cerca di spiegazioni, disperato come un innamorato non corrisposto. Allora succede qualcosa, qualcosa che è il fulcro del mestiere dell’attore: prendere le emozioni e farne un personaggio. Fantastichini prende quel che sta provando, (rabbia, rivalsa, desiderio di farsi notare, frustrazione) e li dona a Tommaso Scalìa. La performance di attore è straordinaria, gli varrà il Prix Fassbinder, la nomination per Migliore attore non protagonista al David di Donatello e il Nastro d’Argento. Ma la frustrazione, a fine film, rimane.

A riprese terminate Ennio è ancora disperato perché non è riuscito neanche a fare due chiacchiere col suo idolo così spigoloso. Ma a un certo punto squilla il telefono. Poche parole dall’altro capo del filo: “Pronto. Ho fatto il pollo coi peperoni, ti aspetto”. E Gian Maria Volonté lo aspettava davvero a pranzo. Lo accolse abbracciandolo, dicendo: “Benvenuto. Adesso possiamo diventare amici, non prima perché eravamo antagonisti”. Ecco, in quel momento Fantastichini si rese conto di quello che lui stesso aveva messo in pratica nel film, incalzato dall’asprezza funzionale di Volonté. Si rese conto della superba performance che aveva dato e del buono che il suo antagonista era riuscito a tirare fuori dalla sua, oramai innegabile, stoffa d’attore. Si commosse. Fu l’inizio di un’amicizia molto stretta, che terminerà solo con la morte improvvisa di Volonté. La coppia avrebbe dovuto girare assieme Lamerica, sempre con Gianni Amelio, Fantastichini avrebbe dovuto avere la parte che fu poi data a Michele Placido. Ma le riscritture in sede di sceneggiatura riducevano sempre più il suo ruolo a favore di quella di Lo Verso, e Volonté difese la parte dell’amico con il regista. Forse fu questa la ragione dell’ultimo contrasto con Amelio e del cambio di cast.

Nel corso della sua lunga carriera, Fantastichini ha recitato di tutto: dalla bio-fiction su Fabrizio de André al cinema d’autore, dai successi con Özpetec e Virzì al debutto alla regia di Claudio Amendola, dalle installazioni con Peter Greenway alla Reggia Venaria di Torino ai Manetti Brothers. E l’onestà professionale con la quale ha affrontato tutti questi ruoli molto ha dovuto al set che lui considerava “il film della vita”, sottolineando la propria fortuna perché è pure vero che un “film della vita” molti attori lo cercano per decenni, talvolta per l’intera carriera. Porte Aperte è stato il suo punto di svolta, un po’ per la difficoltà del personaggio, e del suo dramma interiore da tenersi dentro senza mai perderne il controllo (perché interpretare un personaggio non è esserlo), un po’ per l’importanza del tema, un po’ per la “grande lezione” (parole sue) avuta da Volonté, della quale parlava ancora con commozione nel 2015 in occasione dell’uscita in DVD.

SCHEDA TECNICA
Porte aperte (Id., Italia, 1990) – REGIA: Gianni Amelio. SCENEGGIATURA: Gianni Amelio, Vincenzo Cerami, Alessandro Sermoneta [dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia]. FOTOGRAFIA: Tonino Nardi. MONTAGGIO: Simona Paggi. MUSICHE: Franco Piersanti. CAST: Gian Maria Volonté, Ennio Fantastichini, Renato Carpentieri, Renzo Giovampietro. GENERE: Drammatico. DURATA: 108′

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