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La libertà con un sorriso
Non è semplice definire Salut les Cubains: nella sua grande potenza visiva e concettuale, concentrata in meno di 30 minuti, il piccolo film di Agnès Varda si manifesta come uno sguardo che è al contempo etnografico e politico, come una forma di linguaggio che unendo fotografie e riprese video riproduce il mélange di provenienze alla base dell’identità cubana, come un resoconto documentaristico e giornalistico sulla situazione di Cuba dopo la rivoluzione.
La scena si apre sulla mostra fotografica “Cuba. 10 ans de revolution”, ospitata a Paris, St Germain des Prés, nel giugno 1963. Da oggetto di una mostra e di una ripresa, dopo i titoli di testa queste fotografie diventano l’essenza della rappresentazione, la materia stessa del racconto: si alternano sullo schermo guidate dalle voci (o guidandole?) di Michele Piccoli e Angès Varda stessa che, datandole “gennaio 1963” dichiara di aver “riportato da Cuba immagini confuse. Per ordinarle ho realizzato questo film-omaggio intitolato Salut les Cubains”.
Il materiale è in effetti assai eterogeneo ma la regista francese lo utilizza per costruire un percorso nell’identità cubana che passa dai sigari alle barbe allo zucchero filato, dalle donne sinuose agli uomini con cappello, illustrandone le manifestazioni che oggi definiremmo “di genere” in vari contesti sociali, economici e politici. Proprio una riflessione sulla donna cubana (che porta in sé “orgoglio africano e sapore spagnolo”) dà modo a Piccoli di dissertare sulle origini musicali dell’identità cubana: africana, spagnola, francese. E dunque a ritmo di “Guantanamera”, conga (la marcia della revoluciòn), “guaracha”, rumba, guaguanco e “carabali isuama” le immagini della Varda dipingono il ritratto di una nazione in piena trasformazione, mostrandone il leader e il popolo, la natura e l’urbanizzazione, i momenti storici e la quotidianità.
Tutto con immagini in bianco e nero che ricavano dal montaggio a tempo di musica una fluidità e una carica partecipativa notevole.
Ne nascono momenti meravigliosi, come la danza di Benny Moré (immortalato dalla Varda ma scomparso prima del montaggio del film), salutato qui come “un re che è morto” in una sequenza in cui la sua esibizione è scomposta in tanti “freeze frames” montati a tempo. Lo stesso procedimento si ritrova alla fine del film, quando Varda affida il commiato agli spettatori e ai cubani a Sarita Gomez, autrice di film didattici, che danza il cha-cha-cha finale insieme a due registi e ad un’attrice.
Cambiando forme e linguaggi, Agnés chiude il cerchio (e il film) omaggiando con la sua opera due forme d’arte strettamente legate e interdipendenti: la musica e il cinema.
SCHEDA TECNICA
Salut les Cubains (Francia, 1971). REGIA: Agnès Varda. SCENEGGIATURA: Angès Varda. FOTOGRAFIA: Cs. Olaf, J. Marques. MONTAGGIO: Janine Verneau. CAST: Michele Piccoli (voce narrante), Agnès Varda, les Cubains. Genere: Documentario/Reportage. DURATA: 28’.
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