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Poliedrico Bruce
È risaputo quanto Bruce Springsteen ami sorprendere il pubblico. Altrettanto noto è il desiderio che lo porta regolarmente a mettersi in gioco, testando le proprie capacità artistiche in un’evoluzione autoriale a pari passo di una maturità biologica e intellettuale, con risultati sempre degni della caratura del suo lavoro.
Il debutto alla regia del rocker di Long Branch è da considerarsi ennesimo esempio di una poliedricità artistica che oltrepassa le corde di una chitarra verso nuove forme linguistiche atte a dare idonea concretezza a concetti e sentimenti. Hunter of Invisible Game dimostra, a chi continua a vedere nel nuovo assetto espressivo del Boss un declino creativo dovuto a una supposta stanchezza o mancanza di idee, quanto invece la sua produzione possa e sappia trovare nuova linfa, materia su cui lavorare per rinnovarsi.
Co-diretto con il fedele Thom Zinny (Whings For Wheels: The Making of Born to Run o The Promise: The Making of Darkness of The Edge of Town), il filmato tratto dall’omonimo pezzo incluso nell’album High Hopes, non può essere considerato un semplice video musicale. Springsteen, qui anche sceneggiatore e attore, non crea solo un accompagnamento visivo adatto al contenuto del brano, ma ne dilata il contesto narrativo in un cortometraggio che racconta una vicenda di cui la canzone – introdotta da un preludio strumentale creato ad hoc – è il fulcro.
Caratterizzato da evidenti influenze cinematografiche (The Road di John Hillcoat, ma anche Sentieri selvaggi di John Ford), il breve film ruota attorno a un uomo solitario – Bruce come un moderno Robert Mitchum – che vaga errabondo per boschi e villaggi abbandonati, scenari minacciosi e ostili che mettono a dura prova la sopravvivenza di chi vi vive. C’è un passato non detto che affascina e turba, riaffiorante dai numerosi flashback che interrompono il flusso narrativo arricchendo e dando maggior corpo a un brano dai contenuti decisamente metaforici.
La “preda invisibile” di cui il protagonista è cacciatore, è chiaramente un amore perduto: “Attraverso campi di ossa e nel fumo nero siamo passati/Giù nella valle dove la Bestia ha il suo trono”. Orfeo contemporaneo (“Attraverso gli imperi di polvere canto il tuo nome”), il personaggio della canzone è un classico soggetto springsteeniano, in lotta con se stesso e il proprio passato (“Mi sono trascinato fuori dal fosso/Mi sono costruito un’arca con il legno di gofer e la pece”), nel tentativo di cogliere il senso di un presente sfuggente (“Ti sento respirare, il resto è confusione”). Un antieroe disilluso (“La forza è vanità ed il tempo illusione”), consapevole dei propri limiti e debolezze, ma non per questo incapace di lottare ancora per ciò in cui crede (“Adesso c’è un regno d’amore che attende di essere recuperato”). Come l’autore stesso di cui, attraverso le sue canzoni, si è imparato a conoscere aspetti di una personalità non filtrata dall’aura dell’immagine pubblica, ma ricca e complessa come l’opera da essa scaturita.
SCHEDA TECNICA
Hunter of Invisible Game (Id., USA, 2014) – REGIA: Bruce Springsteen, Thom Zimny. SCENEGGIATURA: Bruce Springsteen. FOTOGRAFIA: Joe DeSalvo. MONTAGGIO: Thom Zimny. MUSICA: Bruce Springsteen. CAST: Bruce Springsteen, Danielle Panek, Ludo Roveda. GENERE: Musicale. DURATA: 10′. Disponibile su brucespringsteen.net, YouTube e Vimeo dal 9 Luglio 2014
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