Ossessione Lolita
Un distinto professore inglese di mezza età, trasferitosi negli Stati Uniti, perde la testa per la figlia adolescente della proprietaria della casa in cui ha preso una stanza in affitto, scivolando in un vortice che conduce alla follia.
Primo film del periodo inglese di Kubrick, Lolita, tratto dal romanzo di Nabokov (che è anche sceneggiatore), dopo quasi 60 anni è ancora straordinariamente potente ed attuale, come lo sono tutti i capolavori. Essenziale, asciutto e con un perfetto meccanismo narrativo (tutto è raccontato in flashback come in Viale del Tramonto di Wilder), Lolita è un film sull’ossessione, una droga che consuma il protagonista, intrappolato in un’attrazione pedofila che diventa gelosia e paranoia, precipitandolo in una vertigine senza fine (come il titolo del romanzo di William Irish da cui Truffaut trarrà La mia droga si chiama Julie, un altro stupendo film sull’ossessione amorosa).
Nella pellicola non esistono personaggi positivi. Dalla madre di Lolita, banale e patetica maschera di ingenuità e disperazione, agli altri tre protagonisti, che sono insieme vittime e carnefici, cacciatori e prede. Lolita, oppressa e sfruttata dagli adulti ma allo stesso tempo capace di manipolarli, Clare Quilty, subdolo approfittatore e aguzzino del professore ma chiamato a pagare per le sue colpe, e infine il professor Humbert, disturbato, cinico, a tratti crudele e privo di empatia ma anche debole zimbello atrocemente ingannato.
La grandezza del film deve molto anche a due magnifiche interpretazioni. Mason è sensazionale nell’esprimere l’imbarazzo ed il disagio di un personaggio rigido, inadeguato, costretto nella camicia di forza delle regole sociali, tra compagnie che da cui cerca di sfuggire e conversazioni che non lo riguardano, mentre Sellers riesce ad essere allo stesso tempo odioso e irresistibile, spietato e comico, un istrione incontenibile che passa da una velocissima parlata ansiogena ad un accento tedesco a seconda delle parti in commedia (come continuerà a fare nella successiva collaborazione con Kubrick ne Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba).
In questo Kubrick si possono poi intravedere sfumature hitchcockiane: il viaggio in auto del professore con Lolita ricorda la fuga di Janet Leigh in Psycho e soprattutto, come Hitchcock nei suoi thriller, anche Kubrick inserisce qui parti di commedia in un film per il resto terribilmente drammatico. Anche la bellissima musica composta da Nelson Riddle segue in qualche modo questo doppio registro, alternando il leggero all’intenso e al malinconico. Leggera è sicuramente Lolita Ya Ya, un pezzo strumentale rock and roll allegro e orecchiabile che accompagna l’entrata in scena di Lolita che prende il sole in giardino, sottolineando la frivola spensieratezza adolescenziale del personaggio. La canzone si riascolta poi per contornare brevi momenti gioiosi (ad esempio il bagno di Humbert finalmente solo). Brioso è poi il brano tra swing e bebop suonato dall’orchestra nella scena del ballo scolastico. Romantico e struggente è invece Main Title (Love Theme From Lolita) scritto Bob Harris, con un grande crescendo di violini che introduce una dolorosa melodia al pianoforte. E ancora le composizioni di Riddle euforiche e festose oppure incalzanti, minacciose, angoscianti e cupe, a seconda delle scene che commentano.