Miss Marx

Martina Biscarini su Miss Marx, il nuovo film rock di Susanna Nicchiarelli

Voto al film:

Il punk non si addice a Eleanor


Anni fa Sofia Coppola e Kirsten Dunst divisero la critica raccontando la storia di Maria Antonietta in maniera piuttosto anticonformista. Quest’anticonformismo era palpabile a livello di contenuto, dato che il film smentiva la famosa vulgata che vede l’ultima regina di Francia come una viziatella austriaca che non si rende conto dello stato di povertà dei sudditi, ma anche a livello estetico. Coppola sovrapponeva con nonchalance la vita di una ragazza del XVIII secolo a quella che può essere la vita di una socialite del giorno d’oggi – e questo avvicinamento, fatto tramite gesti, atteggiamenti, parole e poi musica e scarpe All Stars, non stonava. Forse perché le sfarzose feste settecentesche un po’ somigliano ai grandi party hollywoodiani o ai live di Madonna.

Ecco, stessa cosa purtroppo non si può dire di Miss Marx che, a tratti, sembra una sorta di pallida imitazione dello stile di Sofia Coppola.

Ma partiamo prima da tutto ciò che stona e non è musicale: Miss Marx parla molto più di Maria Antonietta. Addirittura ci legge a camera i suoi saggi – scelta discutibile: forse sarebbe stato meglio seguire il buon vecchio show, don’t tell e inventarsi qualcosa per non far sembrare i poveri e gli operai uno sfondo o una serie di fotografie e bozzetti che devono stare lì perché si parla di una Marx. La parabola del personaggio, da persona che ama la vita e idealizza l’amore a donna matura che non regge più e sceglie di morire, è chiara ed è chiaro il suggerimento velato che la sua morte sia stata, diciamo, agevolata dal posto nella struttura sociale riservato all’epoca alle donne in Gran Bretagna, per quanto emancipate come lei. Ottimo concetto, molto marxista, si adatta in parte alla nostra società per quanto, come nota la stessa protagonista, i passi avanti non vanno minimizzati (ricordiamo che nella società britannica dell’epoca le donne non potevano ereditare). Tuttavia, nonostante tutto il tempo dedicato ai sentimenti e alla relazione con Edward, questo film sembra rimanere sulla superficie delle emozioni: la figlia di Marx si lamenta per la maggior parte del tempo del fatto che nessuno la comprende, ebbene il film stesso sembra non cogliere la profondità del suo vissuto. Una donna intelligente ed emancipata che decide di suicidarsi lo fa perché una certa situazione la porta allo stremo delle forze: una consunzione emotiva che però non vediamo né proviamo. In fondo, la storia somiglia molto anche a quello che forse è il romanzo più bello e più contemporaneo delle sorelle Brontë: la Signora di Wildfell Hall. Come la protagonista del romanzo, Miss Marx è portata all’esasperazione dal proprio compagno e la struttura sociale non le offre appigli. La differenza, differenza che causò negli anni un forte ostracismo al romanzo di Anne Brontë, ostacolata perfino da sua sorella Charlotte, è che nel libro il dolore della protagonista lo sentiamo tutto. Viene descritto. Il lettore lo prova – forte.

E questo mi porta diritta all’argomento più scottante: la musica punk rock. Perché?

A contrario di Coppola, in questa storia questo tipo di musica “stroppia”, è eccessivo. Ok, è comprensibile il richiamo diacronico alle lotte degli operai britannici negli anni Settanta, ma formalmente immagini, narrazione e musica causano uno stridore che andava forse calibrato meglio. Forse la musica si sarebbe adattata meglio alla storia di una filandera dalle mani sanguinanti, come quella della canzone popolare contemporanea alla Marx che dà il titolo a un noto romanzo di Atwood. Il punk negli anni Settanta lo suonavano e ballavano gli appartenenti alla working class, cosa che Miss Marx, ohimè non era. La sua parabola somiglia più a quella di un’eroina pucciniana che a Nancy Spungen. E ancora, perché far ballare il punk rock a Miss Marx poco prima che si decida a uccidersi? Perché nascondersi dietro la musica (fastidiosa perché malposta) per non mostrare le emozioni della protagonista? Dove Anne Brontë riesce talmente tanto da causare un mezzo scandalo, Miss Marx non osa. Ed è un peccato perché i collanti che uniscono le lotte operaie alla sofferenza d’amore sono la passione e il dolore, che in questo film sembrano veramente sentiti solo quando Engels confessa in punto di morte a Eleanor che ha un fratellastro. Ecco, in quel caso per fortuna non interviene il punk rock a coprire tutto.

Eppure, Miss Marx ha vinto il Soundtrack Star Awards al Festival di Venezia, forse più per l’effetto shock che sicuramente c’è che per vera sapiente scelta musicale. Siamo lontani da Maria Antonietta che fa shopping sotto I Want Candy dei Bow wow wow.

 

SCHEDA TECNICA
Miss Marx (Italia-Belgio, 2020) – REGIA e SCENEGGIATURA: Susanna Nicchiarelli. FOTOGRAFIA: Crystel Fournier. MONTAGGIO: Stefano Cravero. MUSICA: Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo. CAST: Romola Garai, Patrick Kennedy, John Gordon Sinclair, Felicity Montagu. GENERE: Biografico. DURATA: 107′

 


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