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Vincenzo Palermo sulla musica in T2-Trainspotting 2 di Danny Boyle, discusso seguito del cult movie generazionale di vent’anni prima
“Mi faccio” per ricordare
“Prima c’è stata un’occasione, poi c’è stato un tradimento”, sentenziano il buon Spud, strafatto fino al midollo e Veronika, giovane ragazza bulgara in combutta con Sickboy. Sono passati vent’anni, eppure li ricordiamo tutti, quei criminali da strapazzo vaganti nella “stupefacente” Edimburgo annegata in aghi e fluidi organici in libertà. In quel (sotto)mondo si poteva accedere attraverso un water alla ricerca dell’oppio perduto, ma era un viaggio di sola andata. Danny Boyle ha pensato però fosse giunta l’ora di fare tornare Spud, Begbie, Sickboy e Renton, per una reunion dal sapore dolceamaro intrisa del rassicurante sapore del compromesso: è ora di fare i conti con i quaranta e, possibilmente, raddrizzare quel mondo al rovescio.
Il regista, trasponendo liberamente Porno di Irvine Welsh, ha dimostrato di sapersi ancora divertire con un mix letale di zoomate vertiginose e ipercinesi stroboscopica. Stilisticamente in bilico tra kitsch e pulp, il film si struttura lungo continui rimandi al film del ’96: ritornano cessi iconici, questa volta come separè tra Renton e Begbie e, per la scena-manifesto, si candida questa volta il salvataggio in extremis di Spud, resuscitato da una busta sudicia al sapore di vomito; tutto qui? No, perché viene riproposta una colonna sonora che, tra Iggy Pop, Frankie goes to Hollywood, Blondie, Queen e Underworld, spruzza note indiavolate per tutta la durata del film.
La novità è che, questa volta, è il disincanto stampato in faccia ai quattro a riannodare i fili della memoria in modo che si facciano nuovamente, stavolta per ricordare, scegliendo la vita. L’eroina diventa dunque propellente emotivo, madeleine infetta che riattiva il ricordo e getta Spud tra le righe della scrittura creativa, Sickboy e Mark Renton a tentare un affare milionario, il distruttivo Begbie a cercar di traviare il figlio perduto e dare poi la caccia agli odiati amici di un tempo. Le immagini sbiadite del passato non possono che ritornare, allora, sotto forma di allucinazione trasparente, bolla psicotropa in cui guardare attraverso e perdercisi galleggiando, come in un etere di malaffare dominato dalla nostalgia canaglia.
La musica riveste, al pari del montaggio incalzante, una valenza assoluta, assordante, nella ricostruzione narrativa e visiva del tempo perduto ma, se Boyle gioca facile a piazzare i brani qua e là nell’azione convulsa, è proprio il suo personaggio principale a bloccarsi nell’intento di mettere in funzione il giradischi. Character ribelle o insofferente alla memoria sonora prodotta dal suono diegetico? No di certo, perché la rivolta, in T2 – Trainspotting, è riqualificazione etica che non allontana comunque i dolori del passato. Renton ascolterà il disco quando le cose si saranno messe a posto e potrà dunque continuare a ricordare, inseguendo ancora i suoi fantasmi. In fin dei conti il sequel di Trainspotting potremmo leggerlo come l’apparizione di un revenant dai contorni familiari, stinta silhouette in ebollizione che sfrigola sul cucchiaio come la magica polvere bianca.