Venezia 78 – DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato

Alessandro Guatti ci racconta "DeAndré#DeAndré - Storia di un impiegato", il documentario di Roberta Lena che analizza il rapporto di Cristiano de André con suo padre Fabrizio, tra ricordi, musica e impegno politico.

Voto al film:

Viaggio familiare nella musica

Ci sono artisti che rappresentano un momento storico, ne esprimono il sentimento più profondo e sembrano raccontarlo alla perfezione perché ne restituiscono, attraverso il linguaggio visivo, musicale o cinematografico, il più intimo sentire. Alcuni restano però troppo legati alla propria epoca e con il passare del tempo il loro messaggio perde efficacia, non è più attuale e resta comprensibile solo se inquadrato nel contesto in cui si è originato. Altri invece hanno una profondità e una capacità di analisi tale da rendere la loro poetica sempre leggibile e attualizzabile in epoche diverse. Il documentario di Roberta Lena DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato analizza l’opera di Fabrizio De André per inserirlo a ragion veduta in questa seconda schiera di artisti.

Nel suo debutto dietro la macchina da presa, la regista bolognese omaggia il cantautore genovese strutturando il film sulla base di un confronto padre/figlio che svela quanto sia attuale il messaggio di Faber. In particolare, prendendo le mosse dalla riproposizione in tour dell’album Storia di un impiegato attuata da Cristiano De André nel 2019, il film lascia la parola proprio al figlio di Fabrizio affinché compartecipi alla costruzione di una doppia narrazione, al contempo artistica e familiare, che (ri)porti alla luce, attraverso l’analisi delle canzoni del padre da un lato e i ricordi familiari dall’altro, la complessa personalità del cantautore e soprattutto la valenza del suo messaggio politico.

Seguendo il filo delle canzoni del sesto album (nonché quarto concept album) di Fabrizio De André, scritto con Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani nel 1973, il documentario alterna brani tratti dai concerti di Cristiano a momenti in cui il musicista si apre alla macchina da presa, condividendo episodi della sua infanzia che ci permettono di conoscere meglio un lato inedito di Fabrizio. L’ambientazione nella casa di famiglia in Sardegna aiuta Cristiano a viaggiare a ritroso nel tempo e a raccontarci dei momenti di condivisione nei quali Faber discuteva in soggiorno con Paolo Villaggio, Ugo Tognazzi, Marco Ferreri o Walter Chiari.

Quest’ambientazione domestica non deve però far pensare che il film sia votato solo all’intimismo, anzi: proprio lo scavo interiore operato da Cristiano offre una chiave di lettura anche per la parte politica e pubblica di suo padre: Storia di un impiegato nacque per rielaborare un momento di grande rabbia interiore di Fabrizio ma anche e soprattutto quello spirito del tempo che aveva caratterizzato il maggio francese e che caratterizzerà la gioventù italiana fino al 1977. L’album di De André, che all’inizio non fu totalmente apprezzato dalla critica, è intriso di spirito politico, in particolare di una riflessione sul potere di cui il film – grazie a un eccellente montaggio di drammatiche immagini provenienti dalla Siria, dal Messico, dal Brasile dei giorni nostri – rende chiara e manifesta l’attualità. Versi come “per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti” (La canzone del Maggio) non possono non riecheggiare riferimenti alla politica e alla società di oggi. Proprio per questo motivo Cristiano ha deciso di portare in tournée quest’album: “per spiegare ai giovani le dinamiche del potere”, perché “siamo tutti impiegati di noi stessi”.

Ma in questo continuo dialogo tra pubblico e privato, tra passato e presente, ad emergere nel documentario (che presenta anche interventi di Dori Ghezzi e di Filippo, nipote di Fabrizio) è soprattutto un particolarissimo rapporto tra padre e figlio che ha segnato inevitabilmente Cristiano come uomo e come musicista, offrendogli al contempo gli strumenti per leggere e capire l’arte del padre da un’ottica privilegiata e la forza per potersene distaccare alla ricerca di una propria identità personale ed artistica.

DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato celebra allora questo passaggio di testimone in modo onesto e pulito, senza troppi fronzoli o sentimentalismi (nonostante qualche momento stucchevole), coniugando uno sguardo intimo con una riflessione di largo respiro sulla necessità, ormai universale, di “liberarsi del proprio individualismo per abbracciare il collettivismo”.

SCHEDA TECNICA:
DeAndré#DeAndré – Storia di un impiegato (Italia, 2021). REGIA: Roberta Lena. SCENEGGIATURA: Alfredo Covelli, Roberta Lena. FOTOGRAFIA: Martino Pellion Di Persano. MONTAGGIO: Claudio Cormio. MUSICA: Fabrizio De André, Cristiano De André, Nicola Piovani, Giuseppe Bentivoglio, Stefano Melone. INTERPRETI: Cristiano De André, Dori Ghezzi, Filippo De André. GENERE: Documentario. DURATA: 94’.

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