[:it]
Memoria è(e) vita
Che cosa sarebbe l’uomo senza memoria? Diverrebbe un nulla, scontrandosi con la sua stessa condizione d’esistenza, ed ecco perché i replicanti di Philip K. Dick non possono esserne mancanti.
Nel 1982 il Blade Runner Ridley Scott riflette principalmente sulle conseguenze di un tale innesto per l’inevitabile combinazione di naturale e artificiale, nato e creato, “umano” e “fallace” mostrando quanto questi ultimi due termini possano coesistere e nella persona dell’uno, l’uomo, e dell’altro, l’androide.
Dopo oltre trent’anni il cinema ci riporta a pensare a simili dualità e vanità umane, in uno scenario meno cosmico ma, nello stesso tempo, oltremodo visionario. Con Blade Runner 2049, pur riprendendo lo sguardo anzitempo di Scott, gli stessi vani spaziali e profondità imperscrutabili, Denise Villeneuve riesce a rivitalizzare quel microcosmo così assoluto e denso di implicazioni esistenziali, traducendo quest’esigenza di memoria in un assurdo contrappunto di blues e sonorità distopiche. In questo senso, il lavoro del compositore Hans Zimmer è pervadente, a tratti quasi invasivo e ruggente della tensione – sia emotiva che intellettuale – emanata fin dalle prime battute del film: un sonoro dalle sfumature altere misto alla cupezza e melancolia proveniente dall’ologramma di Elvis, in una sintesi di pathos e nostalgia da cui sa Villeneuve, tuttavia, come redimersi. Zimmer sa perfettamente come far rinvigorire un tale rapporto di forze, muovendosi tra intime reminiscenze musicali e slanci extramondani, con un risultato non dissimile da quello cui perviene Johann Johannsson in Arrival. Entrambi i compositori infondono un’atemporalità incomparabile all’elemento visivo, organismo già di per sé autosufficiente e qui sta, d’altra parte, la maestria: non tanto nobilitare, quanto rendere sempre più imminente il bisogno di disvelamento di chi osserva.
Il film si dipana attorno a K.\Ryan Gosling, un cacciatore di taglie che sarà poi tradito dalla verosimiglianza tra realtà e immaginazione, un’immaginazione plastificata e impiantata a somiglianza della memoria umana. Ecco l’involuzione, il regresso intrinseco al progresso: si va avanti ergendosi a superbi demiurghi di sé e degli altri e ciò non avrebbe potuto che culminare nella pretesa di impiantare questo stesso Io, per acquisire una presunta perfezione – e l’affermazione di Luv\ Sylvia Hoeks “Io sono la migliore” ne è la prova -, in qualcosa di altro, creato, artefatto e ambiguo per sua stessa natura.
L’efficace contrasto tra inquietudine neofuturista di certi ambienti e il romanticismo della perenne quiete vespertina finale, merito del sodalizio con Roger Deakins, crea una Los Angeles ancora più rarefatta, dove neanche più un test artificiale sembra individuare il confine tra ciò che è nato e ciò che è creato, o “più umano dell’umano”.
SCHEDA TECNICA
Blade Runner 2049 (Id., USA, 2017) – REGIA: Denise Villeneuve. SCENEGGIATURA: Hampton Fancher, Michael Green. FOTOGRAFIA: Roger Deakins. MONTAGGIO: Joe Woalker. MUSICA: Jóhann Jóhannsson, Hans Zimmer, Benjamin Wallfisch. CAST: Ryan Gosling, Harrison Ford, Robin Wright, Jared Leto. GENERE: Fantascienza. DURATA: 117’