[:it][column width=”1/1″ last=”true” title=”” title_type=”single” animation=”none” implicit=”true”]
[:it]
Su Leitmovie la recensione di Janis, l’atteso documentario di Amy Berg su Janis Joplin visto a Venezia 72 e recensito da Marcello Polizzi.
Love, Janis
Ci sono voluti circa otto anni ad Amy Berg per realizzare Janis. Un lasso di tempo in cui la regista ha potuto approfondire il più possibile la storia di Janis Joplin, indagando profondamente la personalità della cantante di Port Arthur e sviscerando i rapporti umani che hanno costellato la sua breve esistenza. Presentato a Venezia 72, il risultato è un documentario sentito e sincero che va a colmare innanzitutto una grande lacuna nel panorama dei documentari musicali dedicati alle grandi icone del rock. Responsabilità non da poco dunque per la Berg che risponde al meglio e supera la prova a pieni voti. Nonostante si riscontri nel suo approccio una certa intelligenza nella costruzione narrativa, puntando giustamente ad una cronaca lineare dei fatti storici, la forza che effettivamente caratterizza Janis risiede però in quel tocco delicato, affettuoso, rispettoso e mai invadente che la regista ha trasmesso all’intero lavoro. E allora Janis, pur presentandosi come documentario canonico e classico nell’impianto, fa dell’empatia il suo valore aggiunto. Amy Berg ci mostra il lato più intimo della Joplin, scavando nella sua persona e portando sullo schermo i suoi pensieri e soprattutto i suoi desideri così come le sue paure. Sono proprio le lettere scritte da Janis, e narrate qui da Cat Power, ad accompagnare l’intera narrazione del film e che, supportate dai racconti di coloro che hanno vissuto al suo fianco, donano alla pellicola questo forte carattere introspettivo. La figura che ne emerge è dunque quella della Janis dell’infanzia, delle delusioni e dei dolori adolescenziali, è la Janis di quella continua ricerca di amore e di approvazione, tanto innocente quanto pura ed ingenua. È il ritratto d’una “little girl blue”. Ed è attraverso questo coinvolgente percorso che arriviamo a vedere le tappe che poi hanno segnato la carriera della Joplin. Dalla ragazzina del Texas fino alla scoperta del proprio talento, dalla donna alla cantante, dalla significativa esibizione di Monterey fino a Woodstock. Un percorso quindi tra le due anime che hanno contraddistinto Janis Joplin: quell’energia e quella potenza vocale a protezione di un’irrimediabile fragilità nascosta. Le immagini delle esibizioni live diventano così funzionali all’interno della struttura e non fine a se stesse e soprattutto, non prendendo mai il sopravvento, acquistano quasi un carattere esplicativo, rendendo tangibile quella funzione catartica e quell’aspetto viscerale che rendono unica la voce della Joplin. Questa abilità nel non sfruttare l’immagine più nota dell’artista, nel non speculare sulla mitizzazione del personaggio ma di avvicinarsi ad esso e conoscerlo da dentro è insomma ciò che caratterizza questo documentario, dalla struttura sì classica, ma che tra i diversi risvolti che poteva prendere, ne ha scelto coraggiosamente uno ben preciso, e non poi così scontato.
SCHEDA TECNICA
Janis [Janis: Little Girl Blue, USA 2015] – REGIA: Amy Berg. SCENEGGIATURA: Amy Berg. MONTAGGIO: Maya Hawke, Garret Price, Brendan Walsh. MUSICA: Joel Shearer. CAST: Janis Joplin, Cat Power, Bon Weir, Karleen Bennett. GENERE: Documentario. DURATA: 115′.
https://www.youtube.com/watch?v=xH7vO44ezTU
[:]
[/column][:]