La tartaruga rossa

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Voto al film:

Poesia visiva che invita all’ascolto

Michaël Dudok de Wit approda al lungometraggio e vi porta la poesia. Poesia visiva, non letteraria: ne La tartaruga rossa – candidato all’Oscar 2017 e vincitore del Premio Speciale nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2016 – non viene infatti pronunciata nemmeno una parola.

Straordinaria metafora della vita dell’uomo e della condizione umana come parte integrante della Natura, il film trova nell’animazione a tecnica mista la via (forse l’unica possibile) per smarrirci completamente in una fascinazione visiva che ambisce a raccontare temi ultimi.

Sembra estremamente semplice questo film: un uomo naufraga su un’isola deserta e una grande tartaruga rossa gli impedisce di andarsene. Un atto di violenza pare risolvere il problema ma il senso di colpa e la presa di coscienza di sé fanno intraprendere al protagonista un cammino differente. In una trama comprensibile anche ai più piccoli, disegnate con un tratto semplice ma altamente poetico (sfondi realizzati a mano con acquerelli e carboncino) stanno racchiuse riflessioni profonde quanto gli abissi dell’oceano. Qui non si tratta infatti di tornare bambini per apprezzare un film di animazione, ma di entrare in contatto con la parte profonda di sé.

Dudok de Wit ci narra (attraverso una bastonata che ricorda il gesto violento della scimmia all’inizio di 2001: Odissea nello spazio di Kubrick) dell’evoluzione della civiltà e della nascita dell’uomo come essere pensante dotato sia di intelletto che di sentimenti; ci ricorda il rispetto che dovremmo avere per la natura e per il nostro meraviglioso pianeta (dove le tartarughe marine sono una specie a rischio di estinzione); ci fa riflettere sul linguaggio e sui codici comunicativi della nostra società come aveva fatto Truffaut ne Il ragazzo selvaggio; ci parla della necessità di affrontare gli ostacoli, le tragedie, i piccoli e grandi addii della vita. E tutto questo, ripeto, senza dirci una parola.

Gli unici suoni umani che si sentono sono grida, sospiri e gemiti. Il tessuto sonoro del film è composto prevalentemente dai suoni della natura, come il rumore delle onde e lo stormire delle fronde, nei quali s’inserisce perfettamente il meraviglioso commento sonoro di Laurent Perez Del Mar, con brani altamente lirici come Love In the Sky, The Girl, White Hair o la title track The Red Turtle. C’è un’unica composizione non originale nel film: il Quartetto n. 2 di Leoš Janáček, intitolato Lettere intime. La scelta di questa composizione è assai interessante: Janáček la compose nel 1928 in onore di Kamila Stösslová (una donna più giovane di lui di 38 anni alla quale era intensamente legato) e diede alla parte della viola il ruolo di voce drammatica della composizione poiché voleva che questo strumento rappresentasse Kamila.

La musica ci può allora offrire una chiave di lettura del film in cui il vero motore è questo essere femminile misterioso che è compagna, madre e Madre Natura al tempo stesso. D’altronde, tutta la colonna sonora è profondamente intrecciata al racconto visivo perché suoni e immagini parlano davvero un linguaggio universale. Magistrale, in tal senso, è come il regista usa il silenzio, che scandisce i momenti salienti della vita umana e naturale, come l’attimo che precede lo tsunami. Ma straordinario è soprattutto quel silenzio che segna la fine della vita.

Con La tartaruga rossa Michaël Dudok de Wit ci invita all’ascolto non solo della natura, ma soprattutto di noi stessi come appartenenti al genere umano.

SCHEDA TECNICA
La tartaruga rossa (La tortue rouge, Francia-Belgio-Giappone, 2016) – REGIA: Michaël Dudok de Wit. SCENEGGIATURA: Michaël Dudok de Wit, Pascale Ferran. MONTAGGIO: Céline Kélépikis. MUSICHE: Laurent Perez del Mar. GENERE: Animazione. DURATA: 80’

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